Prostituzione, da Casal di Principe a Poggiomarino: la storia di una schiava della mafia nigeriana

di Redazione

Testo e foto di Carlo Barberio – La travagliata storia di P. e di altre migliaia di ragazze, che occupano i marciapiedi e le desolate campagne dell’area che si estende da Castel Volturno fino a Palma Campania, non inizia in un luogo qualunque ma a Benin City, città della Nigeria Meridionale che negli ultimi anni è diventata uno dei principali snodi del traffico umano nel continente africano, soprattutto per quanto concerne il reclutamento di donne, il più delle volte giovanissime, destinate a prostituirsi. Per arrivare in Italia ha dovuto attraversare il deserto e il Mediterraneo in condizioni inumane, ha subito abusi e violenze fisiche e mentali e ha visto molti dei suoi amici morire in mare.

Adesso si trova a Casal di Principe, schiava della mafia nigeriana con la quale ha contratto un debito di 25mila euro a cui non può sottrarsi, così come non può sottrarsi al “lavoro” che le è stato imposto: “[…] Una mia amica ha tentato di rifiutarsi e, dopo essere stata picchiata e ripetutamente violentata, le hanno mostrato con il telefonino una foto di sua madre con un machete puntato alla gola […]”.

Per tutte queste ragioni P. non può ribellarsi a questo destino che le è stato imposto e ogni mattina prende il treno per raggiungere le campagne più sudicie di Poggiomarino, dove, per 10 euro a prestazione, vende il suo corpo per arrivare alla cifra fissata per riscattare la propria libertà. Il tutto avviene alla luce del sole, tra campi dove i contadini raccolgono i prodotti nostrani, cumuli sparsi di immondizia, ulteriormente incrementati da questa attività illecita, trattori in movimento e decine di case abbandonate, soprattutto per via dell’abusivismo che imperversa nel casertano e nel napoletano, e che, il più delle volte, si trasformano in lerci bordelli provvisori.

P., così come le altre ragazze arrivate in Italia stanche, spaesate, senza documenti e con identità fittizie, è stata informata del tipo di lavoro che l’aspettava ed è stata affidata ad una “maman”, il cui compito è stato quello di iniziarla a questa nuova vita e fare in modo che il patto con la mafia nigeriana venisse rispettato; la “maman” controlla i suoi spostamenti, la sua vita e la sua mente, modella l’aspetto di P. con parrucche e vestiti per renderla più appetibile, e quindi più “vendibile”, ai clienti occidentali.

Lei continua a piegarsi a questo angusto presente, ma con lo sguardo rivolto al futuro e con la speranza di crearsi una nuova identità.

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