Aversa, l’ex Opg diventato il “carcere dell’ipocrisia”

di Nicola Rosselli

Frutto dell’ipocrisia collettiva e dell’ignavia dei nostri politici. Il carcere “a basso impatto”, struttura nella quale è stato convertito lo storico ospedale psichiatrico “Filippo Saporito”, è oramai una realtà ad Aversa. Una realtà che, a parole, nessuno voleva e ha voluto, ma che ha visto un deserto silenzioso intorno ad una decisione che è stata adottata dal Ministero di Giustizia solo grazie a questo silenzio.

Dagli uffici di via Arenula, infatti, era partito un invito specifico all’allora presidente del Consiglio Regionale della Campania Stefano Caldoro con il quale si chiedeva se l’ente fosse o meno interessato alla proprietà della struttura che (siamo nella primavera del 2015) doveva essere definitivamente dismessa con la chiusura a livello nazionale degli ospedali psichiatrici. Caldoro, anche a causa della pochezza dei nostri rappresentanti politici, che non furono nemmeno interpellati, diede un riscontro negativo.

Nel febbraio successivo, in piena campagna elettorale per le comunali, arriva ad Aversa il sottosegretario alla giustizia Gennaro Migliore che, mettendo in visibile difficoltà la propria parte politica (il partito democratico) e il relativo candidato sindaco Marco Villano, fa capire, senza se e senza ma, che il carcere ad Aversa, all’interno del Saporito, di fatto già c’era e che i reclusi, grazie ad un progetto apposito, stavano ristrutturando i locali che servono allo scopo.

In campagna elettorale nessuno ne ha parlato. Tutti i candidati hanno pappagallescamente ripetuto che “l’ospedale psichiatrico giudiziario Filippo Saporito deve essere restituito alla città”, ma tutti loro erano a conoscenza del fatto che il carcere già c’era e che nulla più poteva essere fatto.

Gli unici a far sentire la propria voce furono l’ex sindaco Lello Ferrara e il suo assessore Luca De Rosa e il compianto Antimo Castaldo. Per il resto silenzio assoluto; un silenzio, lo ripetiamo, ipocrita, considerato che tutti sapevano dell’esistenza di quel carcere. Una casa di reclusione in pieno centro storico, mentre in altri posti si cerca di delocalizzarle.

Dopo le elezioni gli esponenti del Partito Democratico hanno chiesto all’amministrazione di attivarsi (cosa che, in verità, il sindaco De Cristofaro aveva già fatto) verso il Ministero ma crediamo che, oramai, l’intero complesso di quello che fu il primo ospedale psichiatrico in Italia non tornerà, nemmeno in maniera parziale, alla città per ancora molto tempo.

A questo punto, se carcere deve essere, anche in considerazione della vicinanza estrema del Tribunale di Napoli Nord, sia trasformata in una casa circondariale che possa essere effettivamente al servizio dell’ufficio giudiziario aversano e dei suoi magistrati che non dovranno più recarsi a Napoli o a Santa Maria Capua Vetere o che si debbano organizzare continui trasferimenti da queste città verso il tribunale quando si dovranno celebrare i processi.

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