Gli agenti delle squadre mobili di Catania e Caserta, su ordine della Direzione distrettuale antimafia siciliana, hanno tratto in arresto due fratelli nigeriani, Mathew Osatohamwan, 30 anni, detta “Briget” o “Osato”, presa a Caserta, e Matthew Osarodion, 32 anni, detto “Jerry” o “papà Twins”, catturato a Foggia.
Entrambi sono gravemente indiziati dei reati di tratta di persone e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con le aggravanti di avere esposto a pericolo la vita o l’incolumità delle persone trasportate – facendole imbarcare su natanti occupati da numerosi migranti privi di ogni necessaria dotazione di sicurezza – e di avere agito al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o, comunque, allo sfruttamento sessuale ed al fine di trarne profitto.
Il provvedimento restrittivo accoglie gli esiti di un’articolata attività investigativa di tipo tecnico, tuttora in corso, a seguito della comunicazione pervenuta da personale dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) il 18 agosto 2016 relativa ad una minore nigeriana, “Rosalia” – nome di fantasia, ndr. – giunta sul territorio nazionale in occasione di un arrivo di migranti al porto di Catania il precedente 21 luglio, a bordo della nave Marina militare spagnola “Reina Sofia” e allontanatasi dalla struttura ove era stata collocata per raggiungere la propria madame.
La minore era stata, infatti, raggiunta presso tale struttura da un connazionale che, su incarico della “madame” reclutatrice, le aveva organizzato il viaggio per raggiungere la sfruttatrice dimorante ad Aversa. Lì giunta, Rosalia era stata da subito costretta a prostituirsi in strada ed era, tuttavia, riuscita a fuggire, avvisando il personale dell’Oim e chiedendo di esser aiutata. Da qui la segnalazione che determinava il pronto intervento della squadra mobile che tempestivamente raggiungeva il luogo ove era stata comunicata la presenza della giovane, la rintracciava e ne assicurava la immediata messa in protezione.
Rosalia aveva, quindi, deciso di raccontare la propria storia, riferendo di essersi determinata a lasciare il proprio paese, a causa delle difficoltà economiche della famiglia di origine, raccogliendo un invito, fattole da una conoscente, di raggiungere l’Italia e svolgere un lavoro lecito che le avrebbe consentito di aiutare i familiari, ricevendo rassicurazioni che non avrebbe lavorato come prostituta e con l’accordo che avrebbe pagato la somma di 5 milioni di naira – circa 15mila euro – alla donna che l’avrebbe attesa in Italia e si sarebbe fatta carico delle spese del viaggio. Prima di intraprendere il viaggio la minore era stata sottoposta ad un rito “Ju Ju” con il quale si era impegnata a pagare il debito contratto, altrimenti sarebbe morta o colpita da disgrazie di ogni genere.
L’attività tecnica avviata a seguito delle circostanziate dichiarazioni rese da “Rosalia” consentiva di avere immediati riscontri di quanto dichiarato dalla giovane, facendo emergere, infatti, plurimi riferimenti alla sua vicenda, in particolare alla fuga, nonché al fratello della sua madame, che aveva gestito i contatti con alcuni nigeriani, mentre la minore si trovava in Libia in attesa di imbarcarsi.
Sul telefono di “Rosalia”, sequestrato dalla polizia, i contatti dei suoi aguzzini erano stati registrati sotto il nome di “Brother” e “Sister”. La “sister”, ossia “Briget”, rintracciata a Lusciano, nel corso dei servizi di intercettazione, faceva plurimi riferimenti alla persona offesa e alla sua fuga, meditando vari escamotage da adottare per riuscire a rintracciarla e progettando l’esecuzione di nuovi riti voodoo per punire la “fuggitiva” e riassoggettarla al proprio volere. In particolare, rappresentava al proprio complice la necessità di procurarsi frammenti di vetro di finestrini di autovetture coinvolte in incidenti stradali mortali o di treni coinvolti in disastri ferroviari allo scopo di utilizzarli per rendere ancor più letale ed efficace la disgrazia minacciata.
Matthew Osarodion, dal canto suo, in una conversazione con “Briget”, a proposito della fuga di “Rosalia”, affermava che qualora fossero riusciti a rintracciarla – utilizzando come esca anche il social network facebook – avrebbe raddoppiato il debito che la vittima aveva nei loro confronti.
Da una conversazione registrata tra la maman ed i familiari della vittima – che l’avevano contattata perché non avevano avuto più notizie della figlia minorenne – emergeva come il rapporto contrattuale non fosse esclusivamente tra carnefice e vittima, ma coinvolgesse anche i familiari, considerati alla stregua di obbligati in solido all’adempimento del debito di ingaggio contratto dalla minore. Ciò emergeva dalle parole di “Briget”, la quale, dialogando con i familiari di Rosalia in Nigeria, esclamava freddamente “…quando uno si affida a qualcun altro per fare viaggiare i propri figli è giusto che questi venga pagato…”.
I servizi di intercettazione permettevano, inoltre, di appurare che gli indagati in concorso tra loro, con più azioni esecutive del disegno criminoso, promuovevano, organizzavano, finanziavano ed effettuavano il trasporto illegale di “Rosalia”, avvalendosi di servizi offerti dai correi in Nigeria ed in Libia, dove utilizzavano “connection houses” per la permanenza della minore prima dell’imbarco alla volta dell’Italia su natanti di fortuna, occupati da numerosi migranti privi di ogni necessaria dotazione di sicurezza, ad alto rischio di naufragio, reclutando le giovani per destinarle alla prostituzione o, comunque, allo sfruttamento sessuale al fine di trarne profitto.