I finanzieri del comando provinciale di Firenze hanno arrestato una donna quarantenne di nazionalità cinese ritenuta responsabile di aver trasformato un “centro massaggi” in una struttura dove veniva svolta l’attività di prostituzione, procedendo, al sequestro del locale commerciale sito nella zona di Firenze Nova.
Nel corso dell’operazione si è proceduto anche alla denuncia di un’altra persona (sempre di nazionalità cinese) – risultata essere l’effettiva titolare del centro massaggi – per il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, nonché un’altra donna cinese sprovvista di qualsiasi documento di identificazione.
L’attività di servizio ha preso le mosse da pregresse indagini – anche di intelligence – svolte dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Firenze nell’ambito del controllo economico del territorio fiorentino, da cui era emerso che presso tale esercizio commerciale, a richiesta della clientela, sarebbero state assicurate “particolari” prestazioni professionali di natura sessuale.
Tra l’altro, tale “centro massaggi” veniva pubblicizzato sul web con foto osé di ragazze cinesi cui corrispondevano anche recensioni da parte della clientela. In effetti, all’atto dell’accesso nei locali aziendali sono stati rilevati taluni chiari elementi probatori fortemente indicativi dei sospetti nutriti verso la vera attività svolta, che trovavano poi una conferma anche dall’acquisizione delle informazioni rilasciate, nell’imminenza del controllo, da alcune “lavoratrici” presenti.
Per cui – previe intese intercorse con il magistrato di turno, Eligio Paolini, della Procura di Firenze, diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo – la “mama san” (così, in gergo cinese, verrebbe chiamata la tenutaria della struttura adibita a sfruttamento della prostituzione) è stata arrestata per violazione della Legge 75/58 (più nota come legge “Merlin”) procedendo alla denuncia di altre due persone, nonché al sequestro penale del locale commerciale e di copiosa documentazione fiscale ed extra-contabile, che consentirà ai Finanzieri di ricostruire il reale volume d’affari, sottoponendo così a tassazione i proventi derivanti da tale attività illecita.