Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per l’indizione dei referendum popolari relativi alla “abrogazione di disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti” e alla “abrogazione di disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)”. Le consultazioni referendarie si svolgeranno domenica 28 maggio. Lo si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
COSA SONO I VOUCHER – Nato inizialmente per retribuire il lavoro occasionale, il voucher o ‘buono lavoro’ è una modalità di retribuzione per lavoro occasionale di tipo accessorio introdotto nel 2003 dal governo Berlusconi. Spesso al centro delle polemiche per aver deregolamentato il mercato del lavoro, contribuendo, di fatto, a renderlo più precario, il voucher ha come finalità quella di “regolamentare quelle prestazioni lavorative, definite appunto ‘accessorie’, che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario, e tutelare situazioni non regolamentate” come spiega l’Inps sul proprio sito web.
QUANTO VALE – Ogni voucher ha un valore di 10, 20 o 50 euro: una parte va al lavoratore e la restante finisce in contributi. Il valore netto di un voucher da 10 euro nominali, in favore del lavoratore, è di 7,50 euro e corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione, salvo che per il settore agricolo, dove, in ragione della sua specificità, si considera il contratto di riferimento. Sono garantite la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail.
QUALI VANTAGGI? – “Il committente può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa Iinail per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto”. E per il lavoratore? “Il prestatore può integrare le sue entrate attraverso queste prestazioni occasionali, il cui compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. È, inoltre, cumulabile con i trattamenti pensionistici e compatibile con i versamenti volontari”. La categoria dei committenti, “cioè coloro che impiegano prestatori di lavoro accessorio”, comprende “famiglie; enti senza fini di lucro; soggetti non imprenditori; imprese familiari; imprenditori agricoli; imprenditori operanti in tutti i settori; committenti pubblici”. L’Inps “evidenzia che il ricorso ai buoni lavoro è limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale, mentre è escluso che un’impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi, come nel caso dell’appalto o della somministrazione”.
QUALI SONO LE CATEGORIE COINVOLTE – I prestatori che possono accedere al lavoro accessorio sono: pensionati; titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio; studenti nei periodi di vacanza; cassintegrati, titolari di indennità di disoccupazione ASpI, disoccupazione speciale per l’edilizia e i lavoratori in mobilità; lavoratori in part-time; i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale possono svolgere prestazioni lavorative di natura accessoria nell’ambito di qualsiasi settore produttivo, con esclusione della possibilità di utilizzare i buoni lavoro presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale; inoccupati, titolari di indennità di disoccupazione Mini-ASpI e Mini-ASpI 2012, di disoccupazione speciale per agricoltura, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti pubblici e privati. Il ricorso all’istituto del lavoro accessorio non è compatibile con lo status di lavoratore subordinato (a tempo pieno o parziale), se impiegato presso lo stesso datore di lavoro titolare del contratto di lavoro dipendente.
EXTRACOMUNITARI – I cittadini extracomunitari “possono svolgere attività di lavoro accessorio se in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento di attività lavorativa, compreso quello per studio, o – nei periodi di disoccupazione – se in possesso di un permesso di soggiorno per “attesa occupazione”. Il compenso da lavoro accessorio viene incluso ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, caratterizzandosi per la sua funzione esclusivamente integrativa.
In base a quanto disposto dalla normativa è possibile utilizzare i buoni lavoro in tutti i settori di attività e per tutte le categorie di prestatori. Fa eccezione il settore agricolo in cui il lavoro accessorio è ammesso per aziende con volume d’affari superiore a 7.000 euro esclusivamente tramite l’utilizzo di specifiche figure di prestatori. Il lavoro accessorio è ammesso anche in aziende con volume d’affari inferiore a 7.000 euro che possono utilizzare qualsiasi soggetto in qualunque tipologia di lavoro agricolo, anche se non stagionale purché non sia stato iscritto l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
I LIMITI – I compensi complessivamente percepiti dal prestatore non possono superare i 7.000 euro netti (9.333 euro lordi) nel corso di un anno civile (si intende per anno civile il periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre di ogni anno), con riferimento alla totalità dei committenti. Il committente ha l’obbligo di verificare il non superamento del limite economico da parte del prestatore.
COME POTREBBE CAMBIARE – Il ddl con il testo unificato sui buoni per il lavoro, che dovrebbe essere all’esame della commissione Lavoro della Camera a partire da oggi, prevede un doppio voucher, uno imprese da 15 euro e uno per famiglie da 10 euro. Tra le novità anche un tetto massimo di 2.000 euro a lavoratore, con la possibilità di utilizzare più persone, fino a raggiungere la quota massima di 5.000 euro per le famiglie e 3.000 euro per le imprese.
Tra le principali novità del disegno di legge figura inoltre l’introduzione del vincolo, che consente di poter utilizzare il lavoro occasionale solo se l’impresa non ha dipendenti. Nel frattempo si studiano le varie ipotesi ancora sul campo, su alcune questioni come la platea dei soggetti interessati dai voucher. Da una parte si pensa di stilare una lista che comprenda studenti, pensionati, disabili e disoccupati; in alternativa si potrebbe invece prevedere la possibilità di aprire i voucher a tutte le categorie.
IL SECONDO QUESITO: RESPONSABILITÀ SOLIDALE TRA APPALTATORE E APPALTANTE – Nel referendum del 28 maggio, gli italiani dovranno esprimersi anche sull’abrogazione di parte dell’articolo 29 della legge Biagi. L’obiettivo è arrivare a un’uguale responsabilità tra appaltatore e appaltante, a partire dai diritti dei lavoratori. In sostanza, il quesito referendario chiede di intervenire sulla legge Biagi, così come modificata da quella Fornero, e ripristinare le garanzie per i contributi dei lavoratori impiegati in aziende che subappaltano i lavori. Per la Cigl “l’abrogazione delle norme che limitano la responsabilità solidale degli appalti è un modo per difendere i diritti dei lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, assicurando loro tutela dell’occupazione nei casi di cambi d’appalto e contrastando le pratiche di concorrenza sleale”.
COSA PREVEDE LA LEGGE BIAGI – Oggi, la normativa prevede che i lavoratori che fanno causa per il mancato pagamento di stipendi o contributi, debbano citare in giudizio sia l’appaltatore sia il committente. Il committente, però, può godere del “beneficio di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore”. Vale a dire che il lavoratore, nel caso in cui il giudice gli dia ragione, deve prima tentare di recuperare il credito dal proprio datore di lavoro e dai subappaltatori. E, solo dopo, può rivolgersi al committente.