Riduzione vitalizi, il Fatto Quotidiano lancia petizione: già 200mila adesioni

di Gabriella Ronza

Una petizione che apprezzeranno in molti, quella lanciata dal Fatto Quotidiano, su Change.org, contro i vitalizi parlamentari. “I vitalizi sono uno dei più grandi scandali della Repubblica – si legge sul “volantino” promozionale online della petizione – e ci sono duemila ex deputati e senatori che godono di questi ingiustificati trattamenti”.

Il Fatto Quotidiano ha lanciato un appello per chiedere “il ricalcolo globale di questi privilegi e il tetto massimo per la quota percepita”. I vitalizi sono una serie di privilegi parlamentari, più precisamente, una rendita concessa al termine del mandato parlamentare che si protrae “vita natural durante”, al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità di permanenza nelle funzioni elettive. In alcuni ordinamenti, come quello italiano, essi sono previsti anche per chi è stato titolare di un mandato rappresentativo nell’ambito di assemblee non statali, presso le quali si svolga una funzione legislativa e non meramente amministrativa.

Il Fatto Quotidiano non ha peli sulla lingua e parla di spreco di risorse”, per il peso che continueranno ad avere sui bilanci di Camera e Senato, dunque sulle finanze pubbliche. “C’è un esercito di oltre duemila ex deputati e senatori – scrive il giornale – che gode di questi ingiustificati trattamenti. In base ai quali persino chi non ha mai messo piede in Parlamento o ha partecipato a pochissime sedute delle Camere riscuote assegni di circa 2.000 euro netti mensili. Magari sommandoli ad altri vitalizi delle Regioni o del Parlamento europeo, oppure a trattamenti pensionistici maturati per le attività lavorative svolte. Per non parlare dei parlamentari eletti per più legislature, che arrivano ad incassare anche oltre 10 mila euro netti mensili. Cifre che i comuni cittadini neanche si sognano”.

A onor del vero a partire dal 2012 il sistema è stato riformato. Infatti, il vecchio sistema di calcolo dei vitalizi è stato rimpiazzato dal contributivo. “Ciononostante, – dichiara – il trattamento dei rappresentanti del popolo continua a presentare elementi di smaccato favore rispetto a quello riservato ai normali lavoratori. A cominciare dall’età pensionabile.

Ecco un esempio. Gli eletti per la prima volta nel 2013, se la legislatura durerà almeno 4 anni 6 mesi e un giorno, con 5 anni di contributi versati, matureranno a 65 anni il diritto ad una pensione di circa mille euro. Chi sarà eletto anche per un secondo mandato, con 10 anni di contributi, potrà iniziare a percepire l’assegno previdenziale addirittura a 60 anni. Mentre, a partire dal 2018, l’età minima richiesta ai comuni cittadini per andare in pensione salirà a 66 anni e 7 mesi”.

Si spiega, inoltre, che “per modificare il trattamento previdenziale degli ex parlamentari e rimuovere questo scandalo, non servono né leggi né complesse riforme costituzionali. Basta un semplice cambiamento ai regolamenti interni sui vitalizi varati dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato. Esattamente come uno dei tanti fatti nel corso del tempo ai primi regolamenti approvati negli anni Cinquanta. E che, progressivamente, hanno determinato le distorsioni e le posizioni di favore che conosciamo per onorevoli e senatori. Ed è proprio agli Uffici di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama che questa proposta-appello si rivolge. Affinché, attraverso un nuovo regolamento, eliminino definitivamente e una volta per tutte le ingiustificate posizioni di rendita maturate dagli ex parlamentari prima della riforma del 2012 e quelle che, anche dopo quest’ultimo intervento, sono rimaste praticamente inalterate”.

Ecco i punti proposti dal giornale:

1) Ricalcolare tutti i vitalizi attualmente in essere con il sistema contributivo in vigore a Montecitorio e Palazzo Madama dal 2012. E che prevede, in sostanza, un ammontare di circa 200 euro lordi al mese per ciascun anno di mandato parlamentare.

2) Elevare il limite d’età per la percezione dell’assegno previdenziale allo stesso livello previsto dalla legge Fornero per i comuni lavoratori.

3) Introdurre un tetto massimo al vitalizio di 5.000 euro lordi al mese. Anche per coloro che, avendo rivestito cariche in diverse assemblee elettive (Parlamento nazionale, Parlamento europeo e Consigli regionali), percepiscono o percepiranno, in base alle regole attualmente vigenti, più assegni previdenziali.

4) Analogo tetto deve valere anche per tutti coloro che godono o godranno di un trattamento previdenziale frutto dei contributi versati nel corso della propria carriera professionale: se la pensione maturata attraverso l’attività lavorativa privata è pari o superiore a 5.000 euro lordi al mese, l’ex parlamentare non avrà diritto al vitalizio erogato dall’organo elettivo nel quale ha svolto il mandato, ma solo al rimborso dei contributi versati.

A firmare il volantino sono stati Primo Di Nicola, Antonio Pitoni e Giorgio Velardi, autori del libro Orgoglio e Vitalizio per Paper First. La petizione ha ormai raggiunto la soglia delle 200 mila adesioni.

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