I test missilistici della Corea del Nord, Kim Jong-un fa sul serio o bluffa?

di Gabriella Ronza

Lo si conosce per i suoi eccessi, dalle pettinature tutte eguali alla condanna a morte (si dice) brutale e sanguinosa nei confronti dello zio, ma a cosa mira realmente il dittatore Kim Jong-un e cosa sta succedendo in Corea del Nord?

Domenica 19 marzo Kim ha fatto di nuovo parlare di sé con un test missilistico che ha tutte le “carte in regola” per poter “sfidare il mondo”, ma sarebbe ipocrita ridurre il dittatore dal faccino all’apparenza simpatico, ma dagli atteggiamenti tutt’altro che filantropici, ad una macchietta folle che senza alcun motivo logico si scontra, per ora solo diplomaticamente, con Onu e grandi potenze. La verità è molto più complessa ed è vecchia di almeno settant’anni circa, all’epoca della fine della seconda guerra mondiale.

La Corea era stata conquistata nel 1910 dall’Impero giapponese, un’occupazione da sempre mal sopportata, ma dopo la sconfitta del Giappone nel 1945 la penisola fu divisa in una zona di occupazione sovietica (a nord del 38º parallelo) e una zona di occupazione statunitense (a sud del 38esimo parallelo), dando vita infine nel 1948 a due nazioni separate, con sistemi politici, economici e sociali diametralmente opposti: Corea del Sud e Corea del Nord.

Nel 1950 le tensioni irrisolte portarono allo scatenarsi di una guerra di Corea, quando la parte Nord invase quella Sud, ponendo fine a qualsiasi speranza di una pacifica riunificazione. A causa del dominio statunitense sulla Corea del Sud, questa è divenuta una democrazia capitalista, mentre la Corea del Nord, a causa dell’occupazione sovietica, ha istituito un governo dittatoriale di tipo comunista.

A rigor di logica, quasi come una moderna Germania da guerra fredda, la Corea del Sud è vicina a Stati Uniti e Giappone, quella del Nord dovrebbe essere vicina alla Cina e alla Russia. L’uso del “dovrebbe” non è di certo casuale. Sì, perché da diversi anni, gli atteggiamenti di Kim Jong-un hanno portato a un raffreddamento dei rapporti con il colosso cinese.

Lo scorso dicembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato le nuove sanzioni da imporre alla Corea del Nord, in seguito al test nucleare di settembre 2016. La nuova risoluzione Onu ha mirato a inasprire ulteriormente i provvedimenti della precedente (2270), con la quale è interdetto ai Paesi membri l’acquisto di ferro, carbone e altri minerali dalla Corea del Nord.

È stato, inoltre, proibito alla Repubblica Democratica Popolare di Corea (Dprk) di esportare statue, rendendo di fatto nulli i contratti che lo Stato Eremita ha stipulato con alcuni paesi africani. Misure ovvie per impedire alla Corea del Nord l’acquisizione di fondi e materiali finalizzati a implementare il suo programma di sviluppo nucleare.

La Cina, tuttavia, nei primi 10 mesi del 2016 ha importato 18,6 milioni di tonnellate dalla Corea del Nord, circa il 13% in più dell’anno precedente. Il Paese del dragone è da sempre legato alla Corea del Nord per motivi che vanno dai rapporti economici a quelli geografici e militari e perché no anche da una non del tutto celata antipatia nei confronti degli Usa e del Giappone e del loro dominio nel Pacifico.

È una situazione di altissima tensione. L’ostinazione della Dprk a perseguire il programma nucleare rappresenta una minaccia alla sicurezza cinese, poiché spinge Corea del Sud e Giappone al potenziamento militare coadiuvato a interventi americani. Se la Cina permettesse al governo nordcoreano di ammodernare i propri missili e armamenti nucleari, si ritroverebbe a fare i conti con una corsa agli armamenti tra tutte le parti coinvolte e con gli Stati Uniti troppo vicini.

Dopotutto, si potrebbe ipotizzare che l’imprevedibilità di Kim non fosse stata assolutamente predetta da Russia e Cina che credevano di poterlo manovrare. Ora che, invece, Kim ha presentato una propria personalità determinata e non flessibile, perfino la Russia si è trovata concorde con Onu e Stati Uniti.

Nel giro di dieci anni (2006-2016), la Corea del Nord ha eseguito cinque test nucleari, citando perfino ipotetiche bombe a idrogeno (molto più potenti delle tradizionali). A quale scopo? Il primo potrebbe essere quello di attuare una pressione psicologica interna. Kim Jong-un è, innanzitutto, un dittatore di un paese isolato dal mondo (gli abitanti nordcoreani, ad esempio, non possono viaggiare, non possono possedere auto e la loro linea internet non è internazionale) che vuole continuamente presentare se stesso, agli occhi del proprio popolo, come il leader di un “paradiso” opposto a un ipotetico “inferno” internazionale.

In secondo luogo, è la “volontà di potenza” che muoverebbe Jong-un a volere un apparato nucleare ben strutturato per far capire al mondo: “Ci siamo anche noi, non potete controllarci, non siamo il vostro terreno di influenza, siamo una nazione che può competere con voi”. Infine, il desiderio di farsi temere e, quindi, di essere “lasciato in pace” da ipotetici interventi internazionali capitalistici contro il suo governo comunista.

Tra Cina e Corea del Nord c’è ormai davvero poca solidarietà, anche perché la Cina ha cambiato tendenze, aprendosi all’internazionale. Inoltre, la leadership è un problema: a differenza del nonno e del padre, Kim Jong-un non ha mai vissuto in Cina, né ha mai avuto stretti legami personali con i leader cinesi.

Dal 2013 a oggi, dall’inizio del mandato di Xi Jinping, le relazioni tra i due Stati si sono raffreddate ulteriormente e le dichiarazioni ufficiali di condanna alle ambizioni nucleari della Corea del Nord sono diventate aperte e dirette.

Ma perché un solo paese, che appare così isolato, senza alleati, spaventa i grandi del mondo? Perché Russia e America lo temono? Kim Jong-un aprirebbe davvero fuoco per primo sapendo di poter incorrere in una sonora sconfitta?

Il dittatore ha dichiarato più volte di essere pronto a una guerra nucleare, ma molti critici e esperti, hanno letto queste affermazioni come un’opera di psicologia interna nei confronti dei suoi stessi sudditi/cittadini e non come una dichiarazione di guerra internazionale.

Ad oggi, la situazione appare tesa. Il Gioco dell’atomica, parafrasando il “Gioco del trono”, è pericoloso in quanto tutti vogliono averla lì pronta, ma nessuno osa, com’è giusto che sia, tirare il dado per primo e usarla. Il problema è capire se tutti sono così lucidi da nasconderlo, questo dado. Perché se qualcuno lo lanciasse per primo, le sette facce non presenterebbero alcun numero fuorché lo zero: il totale annientamento dei giocatori.

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