Un “Sì” pronunciato tra scroscianti applausi e una pioggia di flash per Alessia Cinquegrana, prima sposa trans italiana, e Michele Picone.
Alessia, originaria di Trentola Ducenta, così come suo marito, ma oggi residente ad Aversa, è la prima trans in Italia ad essere riconosciuta donna senza sottoporsi ad alcun intervento chirurgico. Nel 2015 la Corte Costituzionale ha cambiato il suo orientamento stabilendo che il percorso che porta al riconoscimento del nuovo sesso non deve per forza passare per un intervento chirurgico demolitivo, ma il giudice deve decidere caso per caso. Non un’unione civile, quindi, ma un matrimonio a tutti gli effetti in quanto la sposa è donna per la legge italiana.
In abito color rosa antico, Alessia è giunta nella casa comunale insieme al compagno Michele, col quale è insieme da undici anni. Il rito, che ha visto la presenza di una folla di parenti, giornalisti (tra cui l’inviato de Le Iene Giulio Golia) e anche semplici curiosi, è stato celebrato dal vicesindaco Federica Turco.
“Io un simbolo? Spero di dare il buon esempio”, ha commentato Alessia. E sull’episodio della scritta omofoba (leggi qui) apparsa in mattinata in piazza Municipio: “Queste scritte non mi toccano, sono persone represse. Io non guardo le loro spalle, perché loro lo fanno? Eppure sono sempre stata una persona tranquilla e disponibile. Mi sento donna nel fisico e nella mente. E sono fiera di ciò che sono”.
Assenti il padre naturale di Alessia e i genitori del compagno. “Il papà di Alessia – ha spiegato la madre Filomena Della Vecchia – non ha mai accettato ciò che sentiva mia figlia. Purtroppo ognuno ha le proprie opinioni, e non mi sento di giudicarlo. Io invece l’ho sempre appoggiata”.
Ora l’obiettivo è adottare un bambino, o meglio “una bambina” come ha sottolineato Alessia. A tal proposito, il suo avvocato, Ileana Capurro, presidente dell’Associazione Trans Napoli, ha spiegato “che nessuna norma, nell’ordinamento italiano, vieta ad Alessia di adottare un bimbo. Farà da apripista, come già fatto con il matrimonio, e se ci dovessero dare torto andremo alla Corte Europea dei diritti dell’uomo”.