“Pagati per studiare” in Danimarca, Georgiana ci racconta la sua esperienza

di Gabriella Ronza

Questa non è la solita storia di un cervello in fuga, piuttosto un racconto di consapevolezza e di scelte. Non una storia di rimpianto per la propria patria ma di volontà di cambiamento e di crescita interiore, oltre che di riflessione per chi questa crescita vorrebbe intraprenderla in Italia, senza doversi spostare altrove.

Georgiana, sorriso delicato e sguardo radioso, ha 23 anni ed è una studentessa universitaria, ma soprattutto una ragazza che ha fiducia nel suo percorso scolastico e nel suo futuro lavorativo. Una fiducia che, purtroppo, ammette senza sentimentalismi, l’Italia non è in grado di dare ma che la Danimarca, dove oggi vive e studia, sì.

Lei soggiorna ad Horsens, una piccola città, dove frequenta il primo anno di Marketing Management, e quando ci contatta lo fa proprio da lì: vuole testimoniare la sua “fede” danese rivolgendosi ai media italiani affinché il suo Paese si apra finalmente alle possibilità che può offrire il mondo.

Di recente, anche la politica si era interessata del caso. Il Movimento 5 stelle, attraverso il blog di Grillo, aveva lodato la Danimarca, presentandola quasi come una nazione da “Età dell’oro”. “In Danimarca non si paga la tassa sulla prima casa. In Danimarca non esiste il sostituto di imposta, i lavoratori dipendenti percepiscono la paga lorda e compilano una dichiarazione dei redditi di 2 paginette senza commercialista, Caf e menate varie. […] La spesa di una famiglia di 3 persone per scaldare un ambiente di 100 metri quadrati per un anno è di 150 euro”, si legge in parte dell’intervento.

Inoltre, in Danimarca, come sottolineano il M5S e la testimonianza di questa ragazza, non vi sono tasse universitarie (così come in Germania, Svezia, Finlandia, Norvegia, Austria, Scozia e Grecia).

Da dove si è originata, in Lei, la scelta di studiare all’estero e, in particolare, in Danimarca?

Quando ero ancora al liceo scoprii che in Scozia e Danimarca le università erano gratuite e decisi che avrei proseguito i miei studi in uno di questi due Paesi. Tra l’altro, i corsi sono disponibili in lingua inglese. Dopo molte indecisioni e ricerche la scelta ricadde sulla Danimarca. La destinazione c’era, la voglia di andare pure, ma mancava il coraggio e fu così che, dopo essermi diplomata, mi iscrissi all’Università degli Studi di Milano. Dopo aver studiato per un anno Mediazione linguistica e culturale decisi di smettere perché mi ero resa conto che non ero felice e non era ciò che volevo fare. Successivamente, la mia determinazione mi ha convinta a partire. Fu così che passai un mese con una famiglia danese, ma dovetti tornare poiché feci l’errore di partire senza aver scelto né l’università né il corso di laurea da seguire.

Una volta tornata mi demoralizzai e mi misi alla ricerca di un lavoro per poter mettere dei soldi da parte, nel caso in cui mi fossi iscritta e fossi stata presa. È stato molto difficile, ma trovai il mio primo lavoro all’Expo, dove ho collaborato con il padiglione spagnolo. Grazie a quest’esperienza riuscii nell’intento, crescendo anche personalmente, demolendo le mie insicurezze a poco a poco.

Quindi, sbagliando, ha capito finalmente quale era il giusto iter da percorrere?

Esatto. Dopo Expo iniziai la ricerca di un altro impiego, dato che le iscrizioni alle università danesi si aprono a febbraio di ogni anno. Sono stata sfortunata nella mia ricerca e decisi di seguire un corso finanziato dall’Unione Europea, riguardante turismo, marketing, economia e organizzazioni eventi. Fu durante questo periodo che capii ciò che avrei veramente voluto fare: marketing. Con le idee chiare in mente, a febbraio 2016 misi a dura prova il mio coraggio e mi iscrissi finalmente alla facoltà di Marketing Management del Via University College. A fine luglio scoprii di essere stata accettata.

Lei aveva capito che quella era la sua vera “vocazione”?

Lo capii dall’emozione, non solo ero felice, ma ero anche tanto orgogliosa di me e fiduciosa delle mie capacità.

Fino a qui, sembra tutto idilliaco, ma credo sia stato difficile abituarsi ad una nuova realtà.

L’aspetto tecnico è stato duro. Arrivata in Danimarca dovetti affrontare varie difficoltà, tra cui la più importante: trovare alloggio, ma grazie a gruppi di studenti che ho trovato su Facebook riuscii a sistemarmi in un appartamento a cinque minuti dall’università. Per quanto riguarda quest’ultima, sono molto soddisfatta e contenta di aver fatto una tale scelta e sin dai primi giorni ho avuto modo di notare alcune caratteristiche che distinguono le università danesi da quelle italiane.

Quali? 

Innumerevoli. Innanzitutto, le classi danesi hanno un numero massimo di 50 studenti; ogni studente ha una sua pagina web personale dove ha accesso a tutte le informazioni riguardanti i suoi studi, a partire dalle lezioni che vengono caricate anche in anticipo, regolamenti ecc.; l’orario viene organizzato dalle università per l’intero semestre; si predilige lo studio in gruppo e questo metodo viene adottato anche durante gli esami; le teorie imparate vengono applicate su casi reali in modo tale che lo studente apprenda ad utilizzarle praticamente; l’approccio che si ha con i professori è molto informale e si pone attenzione sul punto di vista e sulle idee dello studente; le università sono aperte 24 ore su 24 e si può accedere tramite una tessera personale; la maggior parte hanno un anche un asilo nido.

Asilo nido?

Certo, sono per gli studenti e i professori con figli. I piccoli sono lasciati lì durante l’orario di lavoro. Ma pensi che non è tutto. Le università sono dotate anche di bagni con docce e aree dove poter dormire durante il periodo degli esami perché spesso accade che l’esame consiste nella preparazione di un progetto in 48 ore. Credo che ogni paese che si dica civile dovrebbe avere strutture del genere.

Ma lei aveva buone possibilità economiche per effettuare una scelta del genere?

È proprio questo il punto. L’unica cosa che mancava era il lavoro che avrebbe potuto garantirmi una maggiore stabilità economica. Grazie al Career Centre della mia università riuscii a trovare in breve tempo un impiego part-time. Attualmente lavoro per Trendhim come Country Marketing Manager e mi ritengo molto fortunata di fare quest’esperienza in un ambito strettamente collegato con i miei studi in quanto mi dà tante soddisfazioni e mi fa crescere professionalmente. Grazie a questo lavoro posso beneficiare anche di un sussidio da parte dello stato ‘SU’ (circa 800 euro lordi) che viene dato agli studenti che lavorano un minimo di 10 ore settimanali.

Praticamente, pagati per studiare…

Pagati per imparare, è diverso. Dopo aver passato tanti anni a sognare quest’esperienza, essere riuscita finalmente nel mio intento mi ha fatto capire che nella vita la testardaggine può giocare un ruolo importante: senza di essa ci si può smarrire tra le proprie insicurezze e paure.

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