I finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale etneo, nei confronti di 23 persone (6 in carcere e 17 ai domiciliari) in quanto responsabili dell’appropriazione di denaro pubblico, per un ammontare complessivo di oltre 14 milioni di euro, destinato alla gestione delle attività dell’Istituto Musicale “Bellini” di Catania.
L’indagine, denominata “The Band”, vede il coinvolgimento di 38 persone indagate, a vario titolo, per i reati di peculato continuato, di ricettazione, riciclaggio e di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio.
L’Istituto Superiore di studi musicali “Vincenzo Bellini” è un ente pubblico fondato nel 1951 dal Comune e dalla Provincia di Catania con il compito di istruire gli allievi nei vari rami dell’arte musicale. Viene finanziato annualmente con contributi del Comune, della Città metropolitana e, in minima parte, con le rette dei frequentatori.
L’attività “predatoria” posta in essere da dipendenti infedeli dell’Ente con la complicità di soggetti (persone fisiche e giuridiche) esterni all’Istituto ha seriamente minato la solidità finanziaria dello stesso, sottraendo ingenti risorse economiche. Le continuate azioni di appropriazione di finanziamenti pubblici sono state realizzate dall’ottobre 2007 al febbraio 2016.
Le indagini, scaturite da una denuncia presentata da alcuni componenti del Consiglio di amministrazione e dall’attuale direttore amministrativo del Bellini, sono state orientate alla minuziosa ricostruzione di ogni passaggio di denaro avvenuto tra gli indagati. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire il duplice sistema utilizzato dai sodali per trasformare l’Ente pubblico in una sorta di bancomat senza limiti di prelievo per la soddisfazione anche delle più disparate esigenze personali (tra cui viaggi, gioielli e abbigliamento d’alta moda).
Una prima modalità di “sviamento” delle risorse pubbliche ha visto l’opera congiunta di più dipendenti dell’Istituto capaci di sottrarre in 9 anni oltre 10 milioni di euro. Per realizzare il loro progetto criminale hanno fatto ricorso alla falsificazione di firme e di mandati di pagamento compilati con causali differenti (a seconda che lo stesso documento fosse destinato alla Banca o agli atti dell’Ente).
Gli artifici documentali, inoltre, hanno riguardato essenzialmente spese obbligatorie (quali oneri del personale, previdenziali e assistenziali) per le quali si è rivelato più agevole eludere ogni forma di controllo interno. L’utilizzo di una causale generica quale è quella di “contributi” ha favorito l’immediata liquidazione di ingenti importi e limitato le probabibilità che gli amministratori dell’Ente scoprissero l’enorme “buco”.
Gli istituti di credito, dal canto loro, chiamati a svolgere il mero servizio di “cassa”, hanno registrato gli stessi importi o a favore dell’ex responsabile dell’ufficio ragioneria del Bellini e dei dipendenti suoi complici o a favore di imprese partecipi all’illecito.
Il secondo stratagemma, invece, che ha fruttato agli indagati un profitto complessivo pari a circa 4 milioni di euro, ha visto la complicità di un reticolo di imprese commerciali compiacenti spesso riconducibili alle medesime persone fisiche e generalmente inadempienti al Fisco. Le imprese attive nel lucroso circuito sono circa 20 e risultano destinatarie di pagamenti a fronte di prestazioni mai effettuate a favore dell’Istituto Bellini. Anche in questa circostanza, la predisposizione di una contabilità artefatta unita a falsi mandati di pagamento ha favorito la distrazione del denaro pubblico. Il ruolo delle imprese partecipanti al disegno criminale è consistito nell’aprire conti correnti e carte prepagate nei quali far affluire il fiume di denaro sottratto e successivamente nel disporre, attraverso operazioni di home banking e di emissione di assegni nonché di prelevamenti in contanti, dei fondi illecitamente acquisiti per la restituzione e il reimpiego a favore degli stessi indagati.
L’attività delle Fiamme Gialle, particolarmente meticolosa nella ricostruzione dei complessi percorsi seguiti dai flussi finanziari transitati in banca o per contanti, ha consentito di acquisire importanti riscontri sul ritorno delle somme illecitamente distratte nella disponibilità dei principali indagati. Disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, nei confronti degli indagati del complessivo profitto criminale pari a oltre 14 milioni di euro.