I carabinieri del comando provinciale di Cosenza hanno eseguito 14 misure cautelari (quattro arresti domiciliari e otto obblighi di dimora), emesse dal giudice per le indagini preliminari Salvatore Carpino, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di altrettante persone accusate, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d’ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Le indagini che hanno portato all’operazione in corso, condotte dai carabinieri della Compagnia di Cosenza, erano iniziate a settembre del 2016 sotto la direzione del Procuratore aggiunto Marisa Manzini, e del sostituto procuratore Giuseppe Cava, ed il coordinamento del procuratore Mario Spagnuolo.
Gli elementi raccolti dai militari hanno permesso di accertare che i rifugiati, principalmente senegalesi, nigeriani e somali, venivano prelevati da due Centri di accoglienza straordinaria di Camigliatello Silano (Cosenza) e portati a lavorare in campi di patate e fragole dell’altopiano della Sila cosentina o impiegati come pastori per badare agli animali da pascolo.
In particolare, il presidente e due responsabili della gestione di un centro di accoglienza risultano accusati di aver illecitamente reclutato i rifugiati loro affidati per essere impiegati in nero come braccianti e pastori in numerose aziende agricole del luogo, in concorso con i titolari di quest’ultime. I responsabili del centro di accoglienza dovranno rispondere anche della manipolazione dei fogli presenza dei rifugiati, che venivano dati come presenti nel tentativo di ottenere i finanziamenti previsti dalla legge a sostegno della struttura di accoglienza.
Il fenomeno ha riguardato complessivamente una trentina di rifugiati che sono stati sfruttati in nero per somme oscillanti tra i 15 e i 20 euro per una giornata lavorativa di 10 ore. Nell’inchiesta della Procura viene contestato per la prima volta il nuovo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.