Oltre 500 tra agenti della Polizia di Stato appartenenti alle squadre mobili delle Questure di Catanzaro e Crotone, Carabinieri del Ros e del reparto operativo – nucleo investigativo di Catanzaro e finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria e della Compagnia di Crotone, con il concorso dei rispetti Uffici e Comandi centrali, hanno tratto in arresto 68 persone, destinatarie di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura di Catanzaro a carico di altrettante persone accusate di associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti reati aggravati dalla modalità mafiose e dalla finalità di avvantaggiare l’organizzazione criminale oggetto delle indagini. Sono stati inoltre sequestrati beni ed imprese riconducibili agli indagati per 84 milioni di euro.
I provvedimenti, disposti dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, a seguito delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dai sostituti Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio, hanno smantellato la storica e potentissima cosca di ‘ndrangheta facente capo alla famiglia Arena – al centro di articolati traffici delittuosi nelle provincie di Catanzaro e Crotone. Dalle investigazioni, oltre alle tradizionali dinamiche criminali legate alle estorsioni, capillarmente esercitate sul territorio catanzarese oltre che su quello crotonese ed ai due traffici di droga, sono emersi gli interessi della cosca nella gestione del centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto e nelle attività legate al gioco ed alle scommesse.
Una rilevante parte delle indagini, svolta dagli uomini della Polizia di Stato appartenenti alle Squadre Mobili di Catanzaro e Crotone, ha avuto precipuo riguardo al disvelamento ed al contrasto di dinamiche criminali legate alla presenza “militare” della cosca sul territorio con particolare riferimento alle estorsioni.
Nel corso delle stesse è emerso che la cosca Arena, dopo anni di conflitti con la cosca Nicoscia, anch’essa radicata ad Isola Capo Rizzuto e con la potente consorteria facente capo a Grande Aracri Nicolino, con base invece nel limitrofo comune di Cutro, anche a seguito delle operazioni di polizia giudiziaria che via via hanno assottigliato le fila dei rivali, ha suggellato con essi una sorta di pax mafiosa, rinnovando la propria leadership nel panorama criminale dell’area.
Con tali modalità la predetta consorteria ha imposto la propria assillante presenza oltre che nel crotonese, anche sull’area ionica della provincia di Catanzaro ove, direttamente attraverso i propri affiliati, a mezzo di propri fiduciari, nominati responsabili della conduzione delle attività delittuose o mediante la messa “sotto tutela” di cosche alleate, ha monopolizzato il business delle estorsioni ai danni di esercizi commerciali ed imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche.
Tra il 2015 ed il 2016 infatti, in particolare a Catanzaro, una cellula della cosca, dipendente dalla cosca madre di Isola Capo Rizzuto ma radicata nel capoluogo, ha perpetrato una serie impressionante di danneggiamenti a fini estorsivi per fissare con decisione la propria influenza sull’area mentre cosche satelliti della famiglia Arena hanno fatto altrettanto nell’area, di rilevante interesse imprenditoriale e turistico, immediatamente a sud di Catanzaro.
Proprio nei confronti di queste ultime è stata diretta l’attività investigativa dei militari del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo di Catanzaro che all’esito delle indagini hanno tratto in arresto dieci soggetti appartenenti alle due distinte cosche di Roccelletta di Borgia e di Vallefiorita, già considerate entrambe articolazioni autonome del locale di Cutro e la cui l’operatività è stata ampiamente acclarata. Tra i soggetti destinatari del provvedimento di fermo vi sono i rappresentanti storici della cosca Catarisano (operante nella frazione di Roccelletta di Borgia e zone limitrofe) e della cosca Bruno (operante nei comuni di Vallefiorita, Amaroni e Squillace).
In particolare, le investigazioni delle squadre mobili di Catanzaro e Crotone hanno documentato come, assenti dal territorio isolitano, perché detenuti, i vertici della famiglia Arena, il ruolo di reggente veniva assunto dal pluripregiudicato Paolo Lentini, 53 anni, alias “pistola”, soggetto di caratura criminale riconosciuta anche presso esponenti di ‘ndrangheta di altre province.
La pervicace operosità criminale del gruppo criminale, formalmente guidato da Giuseppe Arena, alias “Tropeano”, e dal fratello Pasquale, alias “Nasca” ma facente capo, sul campo, al Lentini è risultata in particolare orientata alla capillare gestione delle estorsioni in danno delle attività economiche e commerciali tanto in provincia di Crotone come pure in quella di Catanzaro.
In questo contesto è emersa, a margine delle ripetute azioni criminose nella area di immediata e consolidata presenza della cosca, l’operatività di una agguerrita “batteria” di pregiudicati catanzaresi demandati alla imposizione del racket – nei confronti delle attività produttive del capoluogo capeggiata, quali di referenti delle famiglie di Isola Capo Rizzuto, da Gioffre’ Nicolino detto “Nico”, Lionetti Costantino e Miniaci Luigi che a loro volta si servivano come elemento “operativo” di Mirarchi Santino, tratto in arresto nel 2016 ed oggi collaboratore di giustizia.
Le investigazioni hanno inoltre svelato il ruolo del neo collaboratore quale “capo squadra” per il territorio di Catanzaro Lido ed una serie di azioni delittuose “delegategli”, sin dalla fine del 2014, dalla cosca madre alla quale peraltro puntuali giungevano i cospicui proventi economici illeciti derivanti, appunto, dal dominio criminale esercitato sul comprensorio catanzarese.
In particolare al menzionato collaboratore di giustizia era stato conferito il ruolo oltre che di “esattore” delle attività estorsive per conto della cosca “Arena” nel capoluogo, anche la veste di referente per l’approvvigionamento di armi e di delegato, per conto di Paolo Lentini, ai rapporti con i rappresentanti delle altre cosche di ‘ndrangheta presenti nei territori confinanti nonché alla distribuzione degli introiti derivanti dalle attività delittuose finalizzati al mantenimento delle famiglie degli affiliati ed a sostenere le necessità logistiche delle cosche di appartenenza.
Le indagini hanno documentato come il flusso di denaro provento delle estorsioni seguisse un duplice canale: il primo legato al taglieggiamento delle “grandi imprese”, impegnate anche in lavori di rilevanza pubblica, le quali erano costrette a corrispondere ingenti somme di denaro con cadenza fissa corrispondente, in particolare, alle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto; l’altro riferibile ad una contribuzione con cadenza mensile in danno di esercenti operanti sul territorio, costretti alla dazione di somme di denaro spesso a seguito di danneggiamenti ed intimidazioni.
In tale contesto Mirarchi era collaborato da alcuni fidati accoliti quali Domenico Falcon, 44 anni, Leye Kane, 36, Antonio Giglio, 41, unitamente ai quali, e sotto le direttive di Nicolino Gioffrè, 42 anni, ha posto in essere una serie di richieste estorsive anche per evitare le interferenze di gruppi di nomadi analogamente dediti ad attività estorsive, le cui azioni “scomposte” minavano l’egemonia e la credibilità della cosca Arena Catanzaro, causandogli in tal modo perdite economiche.
È stata disvelata, altresì, la funzione “borderline” di un noto imprenditore impegnato nel settore delle costruzioni il quale, seppur a sua volta vittima del racket, era al contempo deputato alla raccolta presso i propri colleghi ed alla consegna, direttamente nelle mani dei vertici della famiglia di ‘ndrangheta, di somme pretese a titolo estorsivo. Incaricando l’“imprenditore-mediatore” del ruolo di collettore delle somme estorte, gli esponenti della cosca si tenevano indenni dalla necessità di contatti diretti con le vittime e di fatto lo qualificavano come riferimento per eventuali lamentele in ordine ad ulteriori richieste estorsive da parte di terzi.
I carabinieri del Ros e i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Crotone hanno proceduto al fermo di 23 persone indagate per associazione mafiosa, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, ricettazione, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale.
Le indagini hanno evidenziato l’infiltrazione della cosca arena nel tessuto economico crotonese e, in particolare, il controllo mafioso, da almeno un decennio, di tutte le attività imprenditoriali connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto.
Più specificamente è stato documentato come la cosca Arena, attraverso l’operato di Sacco Leonardo – governatore dell’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia” di Isola di Capo Rizzuto, nonché presidente della Cofraternita Interregionale della Calabria e Basilicata – si sia aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi – in particolare quello di catering – relativi al funzionamento del centro di accoglienza richiedenti asilo “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
In particolare, le indagini hanno documentato come le società di catering riconducibili ai cugini Poerio Antonio e Fernando, nonché a Muraca Angelo, dal 2001 abbiano ricevuto, inizialmente con la procedura dell’affidamento diretto e successivamente in subappalto, la gestione del servizio mensa del centro di accoglienza isolitano la cui conduzione era stata ottenuta dall’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia”: sino al 2009 in via d’urgenza, in ragione dello stato di emergenza dovuto all’eccezionale afflusso di extracomunitari che giungevano irregolarmente sul territorio nazionale; dal 2009 a seguito di tre gare d’appalto vinte.
Al riguardo, le indagini hanno evidenziato come l’organizzazione criminale, al fine di neutralizzare le interdittive antimafia che nel tempo avevano colpito le proprie società di catering, avesse provveduto più volte a mutamenti della ragione sociale e dei legali rappresentanti delle aziende controllate, proprio per mantenere inalterato il controllo della filiera dei servizi necessari al Cara.
E’ stato pertanto documentato l’imponente flusso di denaro pubblico percepito dalle imprese riconducibili alla cosca nell’arco temporale 2006 – 2015 per la gestione del Cara di Isola di Capo Rizzuto, pari a 103 milioni di euro, dei quali almeno 36 milioni di euro utilizzati per finalità diverse da quelle previste (quelle cioè di assicurare il vitto ai migranti ospiti nel centro) e riversati invece, in parte nella c.d. “bacinella” dell’organizzazione per le esigenze di mantenimento degli affiliati, anche detenuti, e in parte reimpiegati per l’acquisto di beni immobili, partecipazioni societarie e altre forme di investimento in favore del sodalizio.
Le ingenti somme da destinare all’organizzazione mafiosa venivano fatte confluire alla cosca sia con ripetuti prelievi in contante dal conto della “Misericordia” e delle società riconducibili agli indagati, sia attraverso erogazione di ingenti somme a fini di prestito, sia ancora attraverso pagamenti di inesistenti forniture, false fatturazioni, acquisto di beni immobili per immotivate finalità aziendali. In tale quadro, una somma consistente veniva distribuita indebitamente al sacerdote, don Scordio Edoardo, parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito/contributo e pagamento di asserite note di debito: solo nel corso dell’anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, ha ricevuto 132 mila euro.
Don Scordio, gestore occulto della Confraternita della Misericordia, è emerso quale organizzatore di un vero e proprio sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata. Ulteriore introito per la consorteria è derivato dalla truffa posta in essere da Sacco Leornado, e dai cugini Poerio Antonio e Fernando che, nel 2013, attraverso il controllo occulto della società Quadrifoglio srl, fatturavano alla Prefettura di Crotone un numero di pasti maggiore rispetto delle prestazioni effettivamente rese, ottenendo un ingiusto profitto di circa 450 mila euro.
Il complesso sistema progettato per la distrazione di denaro pubblico, godeva della collaborazione dei familiari degli indagati, la cui partecipazione associativa si realizzava attraverso l’interposizione, attuata per il tramite di fittizie partecipazioni sociali ed emissione di falsi documenti contabili, dai cugini Antonio e Fernando Poerio e da Muraca Angelo, unitamente ai propri congiunti Aurora Cozza, Maria Lanata’, Stefania Muraca, Pasquale Poerio e Antonio Poerio. A questi si aggiungono i cosiddetti “fatturisti”, Ranieri Mario, Tipaldi Santo, Raso Ercolino, Muto Benito, Muto Beniamino, Mercurio Domenico, De Furia Salvatore i quali, intranei alle cosche isolitane, hanno fornito prestazioni contabili artificiose in favore del gruppo economico in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di notevoli somme di denaro e di evadere le previste imposte fiscali.
Dalle indagini è emersa, in sintesi, la capacità imprenditoriale, in chiave di sfruttamento delle risorse pubbliche, della ‘ndrangheta crotonese, in grado di soddisfare le complesse esigenze della varie cosche locali. In tale ambito, proprio l’elevato flusso di finanziamenti pubblici riservati all’emergenza migranti ha finito per costituire la principale motivazione dell’intervenuta pacificazione tra le cosche Arena e Dragone contrapposte ai Nicoscia e Grande Aracri che, nel primo decennio del 2000, si erano rese protagoniste di un cruento conflitto degenerato in numerose uccisioni e scontri a fuoco. Infatti, la faida cessava proprio quando andava a regime il sistema di drenaggio di denaro pubblico derivato dagli appalti per la gestione del centro accoglienza. Ciò infatti ha costituito l’occasione per una mirata distribuzione delle risorse tra le varie famiglie mafiose interessate a mettere da parte i pregressi dissidi e sfruttare le notevoli opportunità di guadagno. In tale contesto si rilevano le figure di Salvatore Nicoscia, di Pasquale Nicoscia, 26 anni, di Domenico Nicoscia, 39, di Luigi Manfredi inteso “Gigino ‘u Porziano” e del fratello Antonio Manfredi “’u Mussutu”, di Mario Manfredi, di Giuseppe Pullano “la molla”.
Nel contesto dell’operazione è stato eseguito, sulla base di accertamenti preliminari del Ros, un sequestro preventivo di beni emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro nei confronti degli indagati per un ammontare complessivo di circa 70 milioni di euro.
Il sequestro ha interessato l’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternita di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 metri quadrati, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino di Isola Capo Rizzuto e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili interventi ablativi.
Il sequestro ha colpito anche la Miser. Icr. srl – di cui la Fraternita di Misericordia è socio unico – che gestisce numerose attività di servizi sul territorio, tra cui il servizio di pulizie dei centri di biomasse di Strongoli e Crotone, le mense scolastiche di alcuni istituti di istruzione isolitani, il centro congressi di Isola Capo Rizzuto, l’aquarium dell’area marina protetta ed il centro polisportivo “alere flammam”. Il provvedimento comprende, inoltre, le partecipazioni della Miser.Icr al capitale sociale dell’Aeroporto Sant’Anna di Crotone e della Società Editoriale Crotonese srl, acquisite nel tempo in evidente contrasto con il suo scopo prettamente mutualistico.
Le indagini patrimoniali hanno infine permesso di rilevare l’esistenza di una netta sperequazione tra il tenore di vita sostenuto dagli indagati e l’ammontare dei redditi dichiarati al fisco, da cui è scaturito il sequestro dei beni personali (immobili, autovetture di lusso, imbarcazioni, conti correnti e polizze) nonché dell’impresa Sea Lounge srl di Isola di Capo Rizzuto costituita ed alimentata da Sacco e Poerio, facendo ricorso a capitali di sospetta provenienza (tra i beni di quest’ultima una flotta di imbarcazioni impiegate a scopo turistico e l’agenzia di viaggi Navy Tour).
Complessivamente, l’intervento ha avuto per oggetto: 11 società attive nel settore agricolo, della ristorazione, del turismo, dell’edilizia, della prestazione di servizi, 129 immobili (tra cui, 46 abitazioni, 1 residence, 4 ville, 9 garage, 6 depositi, 6 negozi e 38 ettari e mezzo di terreno), 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni nonché 90 rapporti bancari e 3 polizze assicurative.
Gli accertamenti patrimoniali del Nucleo di Polizia Tributaria hanno consentito il sequestro di due interi patrimoni aziendali, di 19 unità immobiliari (di cui 7 fabbricati e 12 terreni di vario genere per circa 20 ettari), quote societarie, 15 autovetture, 3 motoveicoli, 15 titoli Pac, 90 rapporti finanziari e 5 polizze assicurative per un valore complessivo di due milioni di euro.
Il complesso delle investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia della Guardia di Finanza di Crotone, nel corso dell’inchiesta ha permesso di rilevare che, tra l’altro, l’associazione mafiosa facente capo alla famiglia Arena ha: acquisito e mantenuto, avvalendosi del potere di intimidazione, una “posizione dominante”, nel settore imprenditoriale della raccolta delle scommesse on line e su rete fissa, nonché, del noleggio degli apparecchi per il gioco on–line, nella città di Crotone e nel suo hinterland; conseguito profitti e vantaggi ingiusti derivanti da una alterazione degli equilibri concorrenziali che ha determinato la concentrazione della raccolta del gioco on line nelle mani del crimine organizzato, precludendo l’accesso ad altri operatori, con la conseguenza di determinare, un evidente effetto “moltiplicatore” sugli introiti; reinvestito in attività imprenditoriali, i capitali derivati dall’attività delittuosa, sistematicamente esercitata, tra l’altro, con modalità operative illecite, poiché difformi da quelle normativamente previste per l’organizzazione della raccolta delle scommesse e del gioco on line.
Le indagini espletate dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Crotone hanno permesso di appurare che la cosca Arena ha sancito un “accordo trasversale” con i referenti apicali di altre fazioni criminali, diretto al controllo totale del settore economico del gaming con il fine di precludere, ad altri competitor commerciali, la possibilità di operare nel medesimo comparto.
Infatti, in forza di un accordo concluso da Pasquale Arena, con i pluripregiudicati referenti delle fazioni crotonesi di ‘ndrangheta tra cui, Salvatore Sarcone e Salvatore Foschini, in cambio di una percentuale prefissata, calcolata sul volume del gioco raccolto, hanno collaborato con la cosca Arena, per l’acquisizione e la gestione di agenzie di gioco, ottenute con la forza di intimidazione derivante dalla fama criminale del sodalizio. Tali accordi hanno determinato l’instaurazione di un oligopolio criminale che ha, irrimediabilmente, alterato gli equilibri concorrenziali del mercato, sottoponendolo, ad una rigida gestione delinquenziale.
L’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore del gaming è avvenuta attraverso una società di copertura, utilizzata dalla cosca Arena: la società “Kroton Games 2000 sas” attiva nel settore del noleggio dei giochi e della raccolta delle scommesse, che ha costituito, lo “strumento operativo” attraverso cui l’organizzazione criminale ha agito. Detta società, espressione commerciale del potere della ’ndrangheta, si è avvalsa per il perseguimento dei fini sociali, della strategica collaborazione di Martiradonna Francesco, il quale, in qualità di concorrente esterno dell’associazione mafiosa, ha operato in Italia attraverso la società Centurion Bet Ltd a quest’ultimo riconducibile.
La certosina attività d’indagine espletata dai finanzieri ha permesso di appurare le recondite connessioni intercorrenti tra la Kroton Games 2000 e la Centurion Bet Ltd che per il tramite di Martiradonna ha fornito alla fazione criminale supporto logistico, tecnico, contabile e gestionale. Inoltre, le indagini finanziarie espletate e l’approfondimento delle operazioni sospette condotte dai Finanzieri con i poteri della polizia valutaria hanno evidenziato un intricato intreccio delinquenziale architettato dalla criminalità organizzata, nel settore del gaming, che ha determinato movimentazioni finanziarie per decine di milioni di euro, producendo un profitto netto, per la cosca di ‘ndrangheta Arena, di 1.300.000 euro, in un lasso temporale compreso tra luglio 2013 e febbraio 2015.
Le attività svolte dai Finanzieri della Compagnia di Crotone hanno portato all’emissione di 10 dei provvedimenti di fermo di indiziato di delitto complessivamente eseguiti ed al sequestro penale dei seguenti beni, pertinenziali ai reati contestati, in quanto strumentali al compimento degli stessi o corpo del reato: un complesso aziendale, operante nel settore dei giochi e delle scommesse, avente sede a Crotone; 2 autovetture di lusso: Audi A6 ed Audi A8; un’attività commerciale esercente bar; 4 beni immobili, fabbricati, siti a Crotone.
Contestualmente alle indagini esperite i Finanzieri hanno provveduto a sviluppare approfonditi accertamenti di natura patrimoniale, al fine di riscontrare accumulazioni di beni di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, sintomatici dell’utilizzo di risorse finanziarie illecite riconducibili ai reati contestati. L’esito degli stessi ha permesso di individuare un ingente patrimonio finanziario ed immobiliare sottoposto a sequestro preventivo, in ottica di confisca, di seguito indicato: 12 beni immobili, fabbricati, siti in Crotone, Isola di capo Rizzuto e Castelnovo Ne’ monti (Reggio Emilia); 6 autovetture; 4 motocicli; 20 polizze assicurative sulla vita; 7 conti di gioco; molteplici quote societarie relative ad imprese attive in Crotone ed Isola di Capo Rizzuto ed operanti nel settore dei giochi e delle scommesse, dei servizi informatici, delle assicurazioni e dei servizi di pulizie; oltre 50 conti correnti; oltre 50 conti deposito e risparmio; numerose cassette di sicurezza. L’ingente mole di beni finanziari e patrimoniali sequestrati dai Finanzieri ammonta ad un valore complessivo pari a 12.000.000 di euro.
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