Ucciso perché non volle aderire al consorzio gestito dalla camorra: 4 arresti

di Redazione

Quattro ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite, tra le province di Caserta, Como, L’Aquila e Sassari, dai carabinieri del nucleo investigativo casertano, coordinati dalla Procura antimafia, nei confronti dei boss Francesco Bidognetti (nella foto), 66 anni, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”, e Francesco Schiavone, 64, alias “Cicciariello”, già detenuti, e Andrea Cusano, 60, ed Ettore De Angelis, 53, questi ultimi due che erano in libertà. Sono ritenuti responsabili dell’omicidio di un imprenditore edile, Vincenzo Feola, commesso il 21 ottobre del 1992 a Caserta.

L’indagine, avviata nel 2005, a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori Nicola Panaro, Giuseppe Misso e Cipriano D’Alessandro, ha consentito di far luce sull’efferato omicidio di Feola, nato a San Nicola la Strada nel 1934, avvenuto all’interno della sua azienda “Appia Calcestruzzi”, a Caserta, in viale Carlo III, operante nel settore della produzione e vendita di cemento e altro materiale edile.

Secondo quanto ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, il delitto fu deciso all’epoca dai bossi Bidognetti e Schiavone, allora ai vertici delle rispettive famiglie appartenenti al clan dei casalesi, ed eseguito da Nicola Panaro (oggi collaboratore di giustizia) e Michele Iovine (deceduto), con l’apporto logistico di Cusano e De Angelis.

I mandanti concordarono l’esecuzione in quanto Feola non aveva voluto aderire al consorzio Cedic calcestruzzo che, in maniera monopolistica, gestiva e spartiva gli appalti relativi alla fornitura di cemento nel Casertano. A quel consorzio, ideato da Antonio Bardellino, fondatore del clan dei casalesi, aderirono tutti i produttori di calcestruzzo casertani, titolari di cave e impianti di produzione, determinando la gestione del mercato in maniera esclusiva da parte della camorra. Feola, già socio del consorzio, chiese l’estromissione della sua azienda poiché non intendeva più aderire alle condizioni economiche dettate dal clan, ovvero la corresponsione di una percentuale, pari a 2mila lire al metro cubo di cemento distribuito nell’ambito dell’attività lavorativa.

Feola venne ucciso per la sua errata convinzione di poter determinare il prezzo del cemento sul mercato, a prescindere dalla volontà del consorzio, e di poter evitare di pagare una percentuale sui lavori che stava effettuando nell’area industriale di Marcianise con la costruzione del centro orafo “Tarì”, in quanto persuaso di poter essere appoggiato dal clan Belforte di Marcianise, operante in quel territorio.

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