I carabinieri forestali della stazione di Calvi Risorta e del Gruppo di Caseeta hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – su richiesta della Procura – avente ad oggetto i beni ricompresi nell’area denominata “ex Pozzi Ginori”, sita a Calvi Risorta.
Le complesse e articolate indagini, anche di natura tecnica, hanno consentito di accertare la sussistenza, a livello indiziario, dei delitti di disastro ambientale e di contaminazione delle falde acquifere, quali conseguenze delle massive attività illecite di smaltimento di rifiuti speciali, sia di tipo pericolosi che non pericolosi, nel suolo e nel sottosuolo, poste in essere da parte di varie imprese e società che ivi hanno operato nel corso degli anni, a partire dagli anni ’70.
L’area in questione, ospitante già a decorrere negli anni ’60 l’originario insediamento industriale della notoria azienda specializzata nella produzione ceramica, a seguito di una graduale dismissione degli impianti produttivi, è stata interessata negli anni ’80 da nuove lottizzazioni industriali con insediamento di nuove realtà imprenditoriali, per poi essere gradualmente lasciata all’attuale stato di abbandono e degrado.
Già nell’anno 2014, era stato eseguito il sequestro probatorio in un’area dell’estensione di 14,80 ettari all’interno della “ex Pozzi Ginori” interessata dagli smaltimenti illeciti di rifiuti, mentre con quest’ultimo provvedimento di sequestro preventivo si è sottoposto a vincolo cautelare reale, oltre all’area già oggetto del precedente sequestro, altre ulteriori porzioni risultate anch’esse contaminate aventi un’estensione di 32,80 ettari.
Pertanto, l’area sottoposta a sequestro preventivo in data odierna assomma complessivamente ad oltre 47 ettari. L’attività di caratterizzazione dei rifiuti e di monitoraggio del suolo, del sottosuolo e delle falde, nonché le successive analisi di laboratorio, sono state eseguite dall’Arpac di Caserta. La Procura si è anche avvalsa anche del contributo di un noto esperto in materia di contaminazioni al fine di formulare una disamina articolata dello stato in cui versano le matrici ambientali del sito di discarica.
Giova ricordare che le attività di scavo finalizzate all’effettuazione di saggi, eseguite a partire dal giugno 2015, hanno evidenziato la presenza massiccia nel sottosuolo di rifiuti industriali e di fusti metallici contenenti presumibilmente solventi, questi ultimi individuati attraverso l’utilizzo del geomagnetometro in dotazione all’allora Corpo Forestale dello Stato.
In particolare, gli scavi hanno evidenziato la presenza dei seguenti rifiuti (stratificati ed intervallati a terreno vegetale): imballaggi in carta e cartone, pannelli e scarti di rivestimenti in formica, film, metalli, bottiglie di vetro, scarti della lavorazione della ceramica (sanitari), vernici e smalti, tubazioni in pvc e residui del trattamento superficiale della plastica, polimeri ed altri materiali.
I rifiuti campionati sono risultati in prevalenza speciali pericolosi, derivanti da attività produttive, contenenti sostanze potenzialmente tossiche, in grado di provocare danni di diversa gravità all’ambiente e agli esseri viventi, caratterizzati dalla presenza di contaminanti quali: Zinco, Piombo, Idrocarburi che determinano caratteristiche di “Tossicità per la riproduzione”, “Ecotossicità”, “Tossicità specifica per Organi Bersaglio e Tossicità in caso di aspirazione”.
Alcuni campioni hanno evidenziato la presenza di Cromo con prevalenza di cromo esavalente e Clorometano, connotati da rilevante e grave peri Golosità in quanto contenenti elementi cancerogeni. Anche i risultati delle analisi delle acque sotterranee hanno confermato il superamento, nei campioni di acqua prelevata, della Concentrazione della Soglia di Contaminazione (Csc) relativi ai Policlorobifenili (Pcb) ed al parametro degli idrocarburi totali.
L’ipotesi accusatoria contestata dalla Procura, fondata sulla ritenuta ravvisabilità dei delitti di disastro ambientale e di corrompimento di acque, è stata confermata dal giudice per le indagini preliminari. In particolare, per la fattispecie delittuosa di corrompimento delle acque, a fronte di interramenti di rifiuti avvenuti in epoche assai risalenti, il giudice, accogliendo la tesi di quest’Ufficio, ha ritenuto trattarsi di reato istantaneo con effetti permanenti atteso che l’adulterazione della falda è tutt’ora in atto per opera del continuo percolato che trae origine dall’infiltrazione di acqua dalla massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi.
La Procura ha già, da tempo e reiteratamente, compulsato le Pubbliche amministrazioni competenti per materia affinchè venissero intraprese le prime misure di messa in sicurezza del sito e l’effettuazione degli interventi urgenti non procrastinabili, nonché l’adozione dei provvedimenti necessari alla complessiva caratterizzazione del sito ai fini della sua successiva bonifica.