Gli agenti della Polizia di Stato e i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Caserta – in esecuzione di apposito decreto emesso dalla Seconda Sezione Penale, Collegio D, del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – hanno sottoposto a sequestro, in Campania e nel Lazio, i beni, le partecipazioni societarie, i rapporti finanziari e bancari, per un valore stimato pari a oltre 3 milioni di euro, riconducibili a Nicola Ferraro, 56 anni, di Casal di Principe, già esponente politico di rilievo regionale (ex consigliere della Regione Campania) e imprenditore nel settore del trattamento dei rifiuti, attualmente detenuto in quanto condannato, il 16 aprile 2015, con sentenza passata in giudicato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso.
L’esecuzione del sequestro dei beni rappresenta l’epilogo della complessa e articolata attività investigativa svolta dalla Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Caserta e dal Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta che ha permesso di ricostruire gli asset patrimoniali e finanziari nella disponibilità, diretta e indiretta (tramite i suoi familiari), di Ferraro acquisiti con i proventi delle attività illecite commesse nel tempo.
Ferraro, infatti, è stato riconosciuto dal giudice penale come imprenditore e politico colluso, almeno dal 2000 in poi e comunque già prima della sua elezione al Consiglio della Regione Campania avvenuta nel 2005, con i reggenti del “clan dei casalesi – fazioni Schiavone e Bidognetti”, al raggiungimento dei cui scopi ha asservito sia la propria attività imprenditoriale, anche quale amministratore della Ecocampania srl, ora fallita, che quella politica, ricevendone in cambio sostegno elettorale ed un appoggio determinante per la sua stessa affermazione imprenditoriale.
Il ruolo di sodale di Ferraro emerge chiaramente dal compendio probatorio raccolto in sede penale e costituito da intercettazioni telefoniche, propalazioni accusatorie di molteplici collaboratori di giustizia e indagini di polizia giudiziaria eseguite per trovare riscontri alle predette dichiarazioni.
La pericolosità sociale di Ferraro è stata, quindi, dimostrata dalla sua continuativa disponibilità a porsi come intermediario tra gli amministratori degli enti locali e le organizzazioni criminali di riferimento, per drenare a favore di queste ultime appalti e contributi pubblici, riuscendo quasi a monopolizzare il redditizio settore economico della raccolta e smaltimento dei rifiuti, e non solo nel territorio casertano.
Al fine poi di disvelare l’origine del rilevante patrimonio di Ferraro e del suo nucleo familiare è stata acquisita, con riferimento all’ultimo ventennio, copiosa documentazione, tra cui i contratti di compravendita dei beni e delle quote societarie nonché numerosi altri atti pubblici che hanno interessato nel tempo l’intero nucleo familiare investigato, verificando poi, per ogni transazione, le connesse movimentazioni finanziarie sottostanti alla creazione della necessaria provvista economica.
Il materiale così reperito è stato oggetto, pertanto, di circostanziati approfondimenti che hanno consentito di accertare che gran parte delle attività e dei beni entrati nella disponibilità del proposto e dei propri stretti congiunti è stata acquistata con proventi ottenuti grazie alla stretta contiguità dell’ex consigliere regionale al “clan dei casalesi”.
In esecuzione del decreto emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono stati, quindi, sottoposti a sequestro in vista della successiva confisca 8 fabbricati (tra Gaeta, Formia, Caserta, Teverola) all’interno dei quali sono state ritrovate numerose opere d’arte, un terreno a Casal di Principe, le quote di due società (una, a Caserta, di ingegneria integrata, l’altra, a Mondragone, di compravendita di beni immobili), un’autovettura Mini Cooper Sd, due motoveicoli e le disponibilità finanziarie presenti in numerosi conti correnti, conti di deposito e altri investimenti finanziari, per un valore stimato pari a oltre 3 milioni di euro.