Per la Corte d’Appello dell’Aja il governo olandese è parzialmente responsabile della morte il 14 luglio 1995 di circa 300 uomini musulmani uccisi a Srebrenica. Secondo il giudice, i soldati olandesi costrinsero i rifugiati che cercavano riparo nel loro compound a lasciare la base, consegnandoli di fatto ai carnefici, “privandoli della possibilità di sopravvivere”. Nel massacro di Srebrenica vennero uccisi dai serbo-bosniaci 8mila musulmani.
Il compound dal quale furono fatti uscire i bosniaci si trovava a Potocari ed era gestito da caschi blu olandesi. A intentare il processo nei confronti dello Stato olandese sono stati alcuni parenti delle 300 vittime, tra i quali ci sono anche molti bambini. La città di Srebrenica era infatti sotto il controllo delle truppe olandesi Onu quando ci fu lo spaventoso massacro.
“La Corte ritiene che lo Stato olandese agì in maniera non legale” e lo “condanna a pagare un risarcimento parziale” alle famiglie delle vittime, ha detto il giudice Gepke Dulek, aggiungendo quindi che i caschi blu olandesi facilitarono il compito ai serbo-bosniaci di dividere uomini e ragazzi musulmani, e dovevano sapere che c’era “il rischio reale che potessero andare incontro a trattamento disumano o a esecuzione”.
Ma cosa accadde quel pomeriggio di 19 anni fa? Tutto iniziò dall’assalto da parte delle truppe serbo-bosniache capeggiate dal generale Ratko Mladic, che avanzarono verso Srebrenica – posta sotto la tutela dell’Onu – conquistandola. Dopodichè, diedero inizio a delle vere e proprie esecuzioni, trucidando circa 8mila persone, tra i quali uomini ma anche vecchi e bambini piccoli. Qui entrano in gioco i caschi blu olandesi, che al momento dell’avanzata delle forze di Mladic su Srebrenica si trovavano asserragliati in una base militare nei dintorni del paese.
Totalmente impreparati a reagire all’attacco, dal momento che avevano l’ordine di non intervenire, non opposero resistenza alle azioni criminali delle truppe. A loro difesa venne anche detto che in quel momento si trovassero sprovvisti di mezzi militari adeguati.
Ma il peggio doveva ancora arrivare: circa 5mila musulmani si erano rifugiati intanto nella base Onu, ma all’arrivo dei serbo-bosniaci questi furono consegnati alle truppe di Mladic. Il destino dei bosniaci era segnato: da lì furono condotti nel villaggio di Potocari per poi essere barbaramente uccisi.