Napoli, avvocato usava familiari come falsi testimoni per truffare assicurazioni: 34 indagati

di Redazione

Gli agenti della Polizia Ferroviaria di Napoli, diretti dal dottor Adriano Lauro, hanno eseguito nove misure cautelari nell’ambito di un’operazione volta a smantellare un gruppo criminale dedito alla commissione tra i vari reati della truffa alle compagnie assicurative.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Napoli, hanno permesso di indagare 34 persone alle quali a vario titolo vengono contestati i reati di truffa alle compagnie assicurative, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo falsi e/o alterati e/o contraffatti; frode processuale; falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari. Contestualmente alle misure cautelari sono state anche eseguite cinque perquisizioni presso altrettanti studi legali di avvocati partenopei ritenuti partecipi dell’organizzazione.

A capo dell’organizzazione, secondo gli investigatori, figura l’avvocato Gianluca Piccirillo, ritenuto promotore e coordinatore del sodalizio criminale, ed al quale è stata applicata la misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari.

Le indagini sono state condotte tra il 2014 ed il 2015 successivamente ad una precedente attività della Procura di Roma, insieme al Compartimento Polizia Ferroviaria del Lazio, sul traffico di marche da bollo false. Da quella attività emerse che nella città di Napoli uno dei principali utilizzatori di quelle marche era proprio l’avvocato Piccirillo.

Le indagini hanno permesso di appurare non solo l’utilizzo delle marche da bollo false e/o contraffatte ma anche il sistema messo in piedi da Piccirillo, capace di produrre innumerevoli falsi sinistri stradali e ingenti somme di denaro. Il sistema vedeva Piccirillo avvalersi di numerosissimi fiancheggiatori, molti dei quali membri della sua stessa famiglia.

Il modus operandi era sempre uguale ed è stato delineato esaminando gli automezzi coinvolti la dinamica dei sinistri e la ripetitività dei testimoni di comodo. Inoltre, sono stati svolti accertamenti sulle produzioni di parte presentate. Esaminate le fatture per le riparazioni, risultate false e disconosciute dai rispettivi titolari.

La maggior parte dei sinistri vedeva come attore principale lo stesso Gianluca Piccirillo oppure componenti della sua famiglia o sodali. Emerge, poi, in maniera dirompente, il dato dei testi citati alle udienze. Infatti, anche la sequenza dei testimoni era sempre la stessa. Si accertava che Piccirillo si avvaleva di una vasta schiera di testi sempre pronti a presentarsi in giudizio.

L’attività era sistematica e viveva di momenti diversi. Il primo passaggio dell’attività illecita era la denuncia del sinistro alla compagnia assicurative, la seconda fase prevede il ricorso al giudice di pace. Nelle udienze Piccirillo, avvalendosi anche di altri legali, vinceva le cause grazie alle testimonianze false e concordate, rese dai suoi testimoni. Parti e testimoni si ripetevano sistematicamente, molti dei quali membri della sua famiglia ma ovviamente omettevano di dichiaralo in udienza.

Tra gli innumerevoli sinistri ricostruiti, in molti di questi lo stesso soggetto era una volta attore ed un’altra controparte di Piccirillo ed in altre ancora suo teste. Molti i testimoni “professionisti”: alcuni comparivano come suoi testi in decine di processi. Diversi sinistri apparivano inverosimili, oltre che per la dinamica, anche per le parti in causa. Singolare l’episodio nel quale nell’agosto del 2012 Piccirillo, a bordo di un gommone noleggiato, aveva un incidente nautico con l’imbarcazione della mamma. Da quel sinistro, avvenuto alla presenza dei soliti testimoni, ricavava un rimborso ingente. In altre circostanze i sinistri avevano visto coinvolte autovetture che in realtà si trovavano in luoghi diversi o in un caso particolare era stata rubata al proprietario, quindi inverosimile che ci sia stato lo scambio delle generalità.

A destare ulteriore scalpore circa la condotta di Piccirillo è che, una volta ottenuto il risarcimento del finto sinistro, lo stesso non si accontentava innescando un vorticoso processo di decreti ingiuntivi e pignoramenti verso le compagnie, anche con presupposti subdoli, portando a quintuplicare la somma “guadagnata”. In uno dei procedimenti ricostruiti, un rimborso di mille euro era stato portato da Piccirillo a circa trentamila euro. Come se non bastasse, è stato verificato che Piccirillo andava anche a modificare gli importi dei decreti ingiuntivi, le somme venivano grossolanamente corrette e portate da 5.000 euro a 15.000 euro. Fatto, questo, per il quale era stato tratto in arresto in flagranza di reato dalla Guardia di Finanza nel mese di ottobre 2016.

Le compagnie assicurative truffate sono numerose, tra le più importanti risultano aver anche presentato querela di truffa per molti dei sinistri indagati citiamo: Allianz, Cattolica, Generali, Genertel, Unipol-Sai, Zurich.

Piccirillo era già inserito nella ‘black list’ di quasi tutte le compagnie assicurative e di molti enti vessati dalla sua condotta come ad esempio l’Anm di Napoli. In totale, dall’anno 2003 ad oggi erano state rintracciate 22 richieste di rimborso per sinistri con mezzi dell’Anm riconducibili a Piccirillo. Tutti gli incidenti indicati sono stati definiti dall’Anm “sinistri fantasma” poiché le indagini interne da loro effettuate hanno smentito l’esistenza di detti incidenti facendo ritenere infondate le pretese avanzate.

Mai gli autisti dei mezzi hanno segnalato il sinistro e mai sono intervenute forze di polizia per i rilievi del caso. In due casi poi veniva denunciato un sinistro con un autobus che quel giorno non circolava in quanto in deposito per riparazione ed un altro che non transitava in quella strada perché effettuava un percorso diverso.

Infine, per quanto concerne le marche da bollo, ne sono state acquisite in originale 285, applicate sia in qualità di contributo unificato su fascicoli relativi a richieste di rimborso per sinistri stradali sia su richieste per decreti ingiuntivi. La commissione perizie dell’Istituto Poligrafico- Zecca dello Stato, in data 14 gennaio 2015 consegnava l’esito della perizia sui valori bollati stabilendo che ben 2/3 dei valori presentati risultano contraffatti. La Commissione riferiva che tali contraffazioni risultavano essere di diversa natura stabilendo che vi erano sia marche contraffatte nei dati di personalizzazione dell’intera vignetta ed altre solo nei dati di personalizzazione riguardante il codice a barre, vi erano anche marche che risultano totalmente contraffatte ed altre addirittura appartenenti a rulli rubati o smarriti.

La Commissione osservava nelle conclusioni che: su gran parte dei contrassegni telematici in perizia sono state riscontrate tracce di colla o di scritte sul verso che fanno ipotizzare un riuso degli stessi; le caratteristiche di contraffazione risultano non riconducibili ad unica tipologia; la stragrande maggioranza dei contrassegni contraffatti risultano prodotti dal Poligrafico successivamente aggrediti in vario modo nella personalizzazione e/o nel codice a barre per ulteriore riuso; relativamente pochi risultano i contrassegni falsificati completamente a partire da carta non originale.

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