Era latitante del maggio 2016, quando venne condannato al Tribunale di Roma, in primo grado, alla pena di 20 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. A costituirsi, dopo aver trovato rifugio da alcuni parenti in Australia, Bruno Crisafi.
L’arresto dopo una articolata attività di indagine, cominciata nel gennaio del 2015 quando i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma in collaborazione con personale della locale Questura eseguivano, in Italia e Spagna, una misura cautelare personale emessa dal Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 39 soggetti ritenuti appartenenti ad un’organizzazione criminale operante nella Capitale e collegata alle temutissime cosche di ‘ndrangheta “Pelle-Nirta-Giorgi alias Cicero” di San Luca (Reggio Calabria).
Le indagini – coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma – avevano consentito di ricostruire l’operatività nella Capitale di un gruppo criminale che, oltre ad essere specializzato nel narcotraffico internazionale, si era reso responsabile anche di gravi fatti di sangue avvenuti a Roma. In particolare, per quanto riguarda il reato transnazionale, l’unità antidroga del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria è riuscita a ricostruire le rotte delle ingenti partite di droga importate nella Capitale riuscendo a sequestrare ingenti partite di cocaina e hashish.
La cellula criminale, forte di propri referenti, stanziati in Colombia e Marocco con il compito di trattare, alla pari, con i locali narcos, era intenzionata a monopolizzare il mercato della droga nella città di Roma diventando referente affidabile anche per altre organizzazioni criminali operanti sul territorio collegate ad altre ‘ndrine ed alla camorra; il tutto per un giro d’affari milionario che, inevitabilmente, avrebbe inquinato il circuito dell’economia legale.
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