Il “diritto a morire dignitosamente” va assicurato a ogni detenuto. Lo afferma la Cassazione riferendosi a Totò Riina. Per i giudici, fermo restando il suo “spessore criminale”, va verificato se il boss di Cosa Nostra possa considerarsi pericoloso vista l’età (86 anni) e le gravi condizioni di salute.
Sulla base di queste indicazioni, il tribunale di sorveglianza di Bologna deciderà sulla richiesta di differimento della pena, istanza finora sempre respinta.
Il giudice deve quindi verificare e motivare “se lo stato di detenzione carceraria possa comportare una sofferenza e un’afflizione di tale intensità” da andare oltre la “legittima esecuzione di una pena”.
Attualmente, la situazione neurologica di Riina è altamente compromessa: il boss ultraottantenne è afflitto da una duplice neoplasia renale che gli impedisce di stare seduto e che lo espone a una grave cardiopatia e a eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili.
L’altissima pericolosità e l’indiscusso spessore criminale di un boss come Totò Riina sono ancora oggetto di dibattito: il tribunale non ha chiarito come tale pericolosità possa e debba considerarsi attuale in considerazione della precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico di Riina.