Nel corso della scorsa settimana, i reparti della Guardia di finanza del comando provinciale di Napoli hanno avviato dei controlli nei confronti di diversi centri medici convenzionati con il sistema sanitario regionale, destinatari di rimborsi per prestazioni di riabilitazione.
L’approfondimento costituisce un più esteso sviluppo di accertamenti già svolti, nel corso del 2016, dal nucleo di polizia tributaria di Napoli, su delega della locale Procura regionale della Corte dei Conti, che, all’esito di una prima fase di indagine, avevano svelato l’esistenza di significative e assai diffuse distorsioni occorse nella gestione amministrativa e finanziaria del rapporto tra aziende sanitarie locali dell’area partenopea e alcuni centri privati operanti in regime di convenzione, poste in essere mediante la perdurante disapplicazione delle vigenti prescrizioni normative e regolamentari.
Dalle indagini svolte, è stato, infatti, accertato che i citati enti pubblici, per diversi anni, non sono stati in grado di dotarsi di uno strumento organizzativo che consentisse di controllare, in maniera concreta ed efficace, se le richieste di rimborso presentate dai centri convenzionati, per i servizi sanitari resi, fossero effettivamente supportate dall’esistenza di un correlato credito, se le fatture emesse dai centri fossero relative a prestazioni effettivamente rese, se la cifra richiesta a rimborso fosse quella effettivamente dovuta e, ancora, se tale cifra fosse stata addirittura già stata pagata in ragione di una fatturazione precedente.
La “falla” scorta nel sistema di gestione ha, inevitabilmente, aperto la strada a varie forme di approfittamento da parte di alcuni centri convenzionati, i quali hanno dolosamente richiesto ed ottenuto il pagamento di fatture per le quali avevano già avuto soddisfazione (“doppi pagamenti”) oppure, in casi estremi, hanno addirittura beneficiato di pagamenti per servizi per i quali non era previsto alcun diritto al rimborso.
L’esperienza operativa maturata dal nucleo di Polizia tributaria di Napoli ha già consentito di porre sotto sequestro, nello scorso mese di settembre, beni per oltre 2,7 milioni di euro, a fronte di un danno erariale segnalato, complessivamente ammontante a circa 11 milioni.
In tale contesto di indagine, sono emersi indizi fortemente orientati a suggerire che i fenomeni illeciti non fossero circoscritti ad un’unica Asl ed a pochi centri convenzionati, ma al contrario potessero essere diffusi a macchia di leopardo anche in altre Asl campane.
Il compito, ora affidato ai competenti reparti dell’intera regione, è quello di verificare – in maniera puntuale ed incisiva – la liceità dei pagamenti effettuati nei confronti di diversi centri abilitati che, a fronte dei dati ufficiali e contabili forniti dagli stessi enti pubblici, sembrano connotati da particolari indici di rischio.