“Tourist go home”, “turista torna a casa”: da Barcellona a Palma di Maiorca si leggono frasi di questo tenore sui muri delle città spagnole che protestano contro l’invasione dei vacanzieri (75 milioni in Spagna nel 2016; se ne prevedono 80 per il 2017), mentre marciano per dare il benvenuto ai rifugiati.
In Spagna è turismofobia: pur se gli stranieri rappresentano il 12% del Pil spingendo la crisi verso l’uscita, i residenti temono la “sindrome di Venezia”: centri storici disabitati per far posto a orde di bus, affitti illegali e confusione. E con l’estate il “problema” si acuisce.
Nel 2012 furono 57 milioni; nel 2016 75 e per il 2017 si arriverà a contarne 80 milioni: se da una parte l’economia ride, dall’altra gli spagnoli “piangono” e alzano muri contro i turisti, come riporta La Stampa. “Non si affitta a turisti” è il lenzuolo che sventola alle finestre di Barceloneta, l’ex quartiere dei pescatori di Barcellona. E ancora cartelli sulla Rambla: “Il turismo uccide”, “No ai bus turistici”. Ma perché tutto questo livore contro chi sta risollevando il Paese incentivando anche l’occupazione?
Arrivano con navi da crociera e voli low cost a congestionare la vita quotidiana dei residenti. E d’estate si registra anche l’invasione delle auto dei vacanzieri. Insopportabili, infine, per gli spagnoli, la giungla degli affitti in nero e il proliferare di camere e alberghi al posto delle abitazioni. Lo stesso Comune catalano ha cercato di correre ai ripari, soprattutto contro l’illegalità, ponendo una serie di restrizioni, finora con pochi benefici per gli abitanti. E al turismo di massa si preferisce l’accoglienza agli immigrati, con marce e mobilitazioni in tutto il Paese, fino alla capitale, Madrid.