Bancarotte seriali nel Centro Italia, arrestati commercialista e imprenditore umbri

di Redazione

Rilevavano imprese in difficoltà per svuotarle di beni e disponibilità finanziarie e portarle al fallimento: con questa accusa, formulata dal gip del Tribunale di Perugia, i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza del capoluogo umbro hanno eseguito stamani un’ordinanza di custodia cautelare (arresti domiciliari) nei confronti di un commercialista e di un imprenditore, sequestrando immobili e terreni per un valore di oltre 300mila euro.

Altri dieci, tra cui professionisti ed imprenditori, sono i soggetti indagati dalla locale Procura della Repubblica, a seguito delle indagini condotte dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Perugia, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, dalla falsità materiale in atti al mendacio bancario.

L’operazione delle Fiamme Gialle, denominata “Deep Cleaning”, ha consentito di disarticolare un sistema criminoso, assai collaudato, che negli anni ha inquinato l’economia legale della provincia perugina e che verteva intorno all’individuazione di società in grave crisi finanziaria, con debiti verso fornitori e l’Erario, da “svuotare” e condurre al fallimento prive di attivo.

Un ruolo centrale era rivestito dai due soggetti arrestati, entrambi umbri, che, direttamente o per interposta persona, ne acquisivano le quote e ne assumevano la rappresentanza. Si conta che l’imprenditore abbia assunto, nel tempo, cariche di amministrazione in 22 società e partecipazioni in 14 imprese, dislocate in Umbria, Lazio ed Emilia Romagna, a fronte di una capacità economica e reddituale personale del tutto inadeguata.

Le finalità illecite erano molteplici: da un lato, distogliere le residue disponibilità finanziarie e patrimoniali delle società, per poi portarle al fallimento, anche attraverso l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, le quali dovevano così fornire una copertura contabile per la distrazione di asset, stimata complessivamente dalla Guardia di Finanza perugina in oltre 600mila euro.

In altri casi, l’emissione delle fatture fittizie è stata specificamente finalizzata a consentire, ad altre società coinvolte nell’indagine, l’annotazione in contabilità di costi in realtà non sostenuti ed abbattere così il reddito imponibile. In assenza di documentazione che potesse giustificare le condotte illecite poste in essere ed al fine di impedire la loro individuazione, gli indagati non esitavano ad occultare e distruggere i libri contabili.

Le investigazioni hanno inoltre consentito di accertare che il professionista umbro tratto in arresto, in forza delle sue specifiche competenze professionali, avvalendosi di soggetti compiacenti e di società di comodo, ha fatto fraudolentemente ricorso al credito bancario, predisponendo documentazione fiscale alterata (tra cui bilanci falsi, ovvero la presentazione di false buste paga e dichiarazioni dei redditi) per ottenere indebiti finanziamenti e mutui, per un ammontare complessivo di oltre 300mila euro.

L’attività investigativa, portata avanti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Perugia con perquisizioni nei confronti di 28 tra persone fisiche e giuridiche e la conseguente analisi della documentazione e del materiale informatico sequestrati, ha inoltre consentito di appurare che, in taluni casi, gli stessi imprenditori in difficoltà avrebbero favorito – anche dietro pagamento di denaro – l’ingresso della compagine criminale nelle proprie aziende, ormai fortemente indebitate.

Quest’ultima circostanza ha comportato l’iscrizione nel registro degli indagati, in particolare, di due imprenditori umbri, rei della distrazione di beni di una società di Castiglione del Lago a danno dei creditori, con il conseguente sequestro di un opificio e dei terreni annessi oggetto della distrazione.

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