Mafia e videopoker, sequestro da 30 milioni al “re delle slot”

di Redazione

I finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito il provvedimento di sequestro di prevenzione, emesso dal Tribunale di Ragusa, per oltre 30 milioni di euro, nei confronti di Rosario D’Agosta, 64 anni, di Vittoria, ritenuto contiguo a “Cosa Nostra” catanese dopo un’iniziale affiliazione alla “Stidda”.

Il patrimonio illecitamente accumulato da D’Agosta, secondo gli inquirenti, deriva dalla monopolizzazione, fin dagli anni Novanta, del settore della commercializzazione e installazione degli apparecchi da gioco “truccati” nel territorio vittoriese, affare lucroso storicamente appetito alle organizzazioni criminali anche per la possibilità di riciclare danaro “sporco”.

La contiguità di Rosario D’Agosta a “Cosa Nostra” emerge a seguito della sua condanna in primo grado, nel 2015, a 5 anni di reclusione per il tentato omicidio perpetrato nel 2009 di Giuseppe Doilo (appartenente alla Stidda). La vicenda segnava un momento di tensione tra fazioni opposte tra rappresentanti di “Stidda” e “Cosa Nostra”, culminato nell’azione di Rosario D’Agosta che non esitava a sparare diversi colpi di pistola verso la vittima per poi essere provvidenzialmente bloccato da altri presenti prima che riuscisse a colpire mortalmente Doilo.

Altra significativa vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il D’Agosta è la minaccia da questi rivolta nel 2014 a un collaboratore di giustizia (“… fermati che te la devo far pagare … ti devo uccidere”), in relazione alla quale il Tribunale di Catania, con sentenza del novembre 2016, lo ha condannato a mesi 6 di reclusione per minaccia aggravata dal metodo mafioso.

L’illecita attività, portata avanti per decenni dal D’Agosta, è testimoniata anche dall’esito di diversi controlli amministrativi che hanno portato al sequestro di numerosissime “macchinette” illegali, con conseguente revoca delle licenze per la gestione degli apparecchi da gioco. Tuttavia, il D’Agosta continuava a permanere nel settore attraverso la creazione di società le cui quote venivano affidate al figlio e alla figlia della convivente, anche per evitare l’applicazione delle misure di prevenzione antimafia.

Le indagini patrimoniali dei militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania – condotte anche con l’ausilio del sofisticato software “Molecola”, sviluppato dalla Guardia di Finanza per l’acquisizione massiva e l’analisi di tutte le informazioni rilevabili dalle numerose banche dati in uso al Corpo – hanno abbracciato l’arco temporale che va dal 1991 al 2015. I complessi accertamenti di polizia economico-finanziaria, supportati anche da plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno evidenziato una significativa sproporzione tra i redditi dichiarati dal nucleo familiare del D’Agosta e le sue acquisizioni immobiliari. In più, in ben 12 annualità su 25 monitorate, la famiglia D’Agosta non ha dichiarato alcun reddito al Fisco.

Il patrimonio illecitamente accumulato è costituito da 61 unità immobiliari (appartamenti, garage, magazzini, attività commerciali e terreni) ubicate tra Vittoria (59 unità) e Ragusa (2 immobili), tra le quali spicca una villetta sul mare sita nella frazione di Scoglitti, nonché da ulteriori 6 unità immobiliari (3 appartamenti con annessi 3 garage) nei comuni di Caravate e Cocquio-Trevisago (Varese) e 5 autovetture.

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