Parma, associazione antiusura utilizzata per evadere tasse: 8 arresti

di Redazione

La Guardia di Finanza di Parma, coordinata dalla Procura, al termine di una complessa attività di indagine durata oltre due anni, ha smantellato un gruppo criminale composto da 26 persone indagate e specializzato nell’occultare i patrimoni immobiliari e mobiliari di soggetti che, seppur solvibili, avevano deciso di non pagare le imposte verso l’Erario a loro carico o i prestiti contratti.

Le ingenti disponibilità economiche – per un valore di circa 7 milioni di euro – sono state, invece, sequestrate dai finanzieri che hanno anche arrestato 8 persone per associazione a delinquere e notificato altresì ad ulteriori due soggetti – un notaio e un imprenditore – l’interdizione allo svolgimento di attività professionali e di impresa.

L’operazione, scattata sabato scorso per il pericolo di fuga degli indagati e che ha visto impegnati centinaia di Finanzieri che hanno eseguito oltre agli arresti anche sequestri patrimoniali e perquisizioni, oltre che a Parma, anche ad Arezzo, Pordenone, Trieste, Savona, Padova, Verona, Milano, Pistoia, Ravenna, Reggio Emilia, Salerno, Chieti e, in particolare, a Ferrara.

Attraverso complesse attività investigative, espletate anche mediante l’ausilio di intercettazioni telefoniche, è stata accertata l’esistenza di un esteso contesto di illiceità che utilizzava un’associazione Antiusura con sede a Parma e a cui facevano riferimento numerose persone fisiche e giuridiche debitrici seppur con disponibilità patrimoniali.

L’associazione, infatti, offriva, tra gli altri, “servizi” finalizzati ad impedire od ostacolare le procedure esecutive – avviate da Enti pubblici per debiti verso l’Erario (Tribunale, ex Equitalia o altri Enti di riscossione) o da soggetti privati – nei confronti dei patrimoni personali o aziendali dei debitori. Questi ultimi attraverso il consorzio criminale, stipulavano numerosi negozi giuridici simulati e/o fraudolenti – fra cui numerosi trust con trustee fittiziamente residente in Slovenia e società ad hoc con sede sempre in Slovenia, oltre che in Senegal e Croazia – tutti riconducibili al consorzio criminale, al fine di rendere gli asset patrimoniali non più aggredibili o sequestrabili in Italia dall’autorità giudiziaria.

Il sistema di frode, unico nel suo genere, era utile per ulteriori finalità: esso mirava, altresì, ad approfittare della debolezza psicologica di taluni imprenditori in difficoltà economiche, al fine di incassare, da quest’ultimi, non solo laute parcelle per l’avvio della “procedura criminale” offerta dall’associazione ma anche le risorse economiche ancora a loro disposizione, illudendoli di una restituzione nel tempo, anche sotto forma di “vitalizio”. Tale restituzione, però, non avveniva mai o solo in parte in quanto, successivamente, i personaggi indagati si rendevano irreperibili: è il caso di una imprenditrice che, nelle dichiarazioni rese ai Finanzieri, ha dichiarato di essere stata persuasa a versare la considerevole somma di 300mila euro su conti intestati ad una società senegalese (legalmente rappresentata dai principali indagati) con la prospettazione, rivelatasi invera, di restituirgliela sotto forma di vitalizio mensile non tracciabile.

Ma, parallelamente, vi sono i casi di vari imprenditori che, avendo deciso di non pagare Iva ed altre imposte sui redditi, hanno cautelato i propri patrimoni con gli arrestati e adesso sono tutti indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. È il caso, ad esempio, di un’azienda di pavimenti in legno che non aveva versato l’iva per 60 mila euro, pur avendo un patrimonio aziendale di 240mila euro.

L’associazione – “teoricamente” mutualistica – che ha erogato le specifiche prestazioni a favore di numerosi soggetti era utilizzata, quindi, come “schermo lecito” per procedere a varie attività illecite del gruppo criminale. Tali attività erano rivolte, soprattutto, a favorire soggetti con ingenti disponibilità patrimoniali e finanziarie che avevano comunque deciso di non pagare le imposte a loro carico o non restituire taluni prestiti contratti: al fine di evitare che i patrimoni venissero aggrediti dai provvedimenti esecutivi promossi dai creditori (sequestri per equivalente dell’imposta evasa, pignoramenti ecc.) venivano predisposti negozi giuridici ad hoc che “occultavano” tali patrimoni all’estero o in capo a soggetti terzi. In questo modo i debitori venivano “fittiziamente” spossessati dei loro patrimoni e, pertanto, non più aggredibili dai creditori stessi.

Le attività economiche, tuttavia, continuavano senza soluzione di continuità agli occhi dei clienti: una volta creata sulla carta la società estera, infatti, veniva contestualmente aperta una unità locale in Italia che, ovviamente, coincideva con la sede della società o azienda originaria. Tali operazioni avvenivano grazie alle competenze professionali di un notaio, ben conscio delle sue particolari e anomale prestazioni professionali asservite all’associazione criminale.

Strumentali al perseguimento del programma associativo erano le sistematiche denunce per usura ed estorsione finalizzate unicamente a usufruire della sospensione di ogni procedura esecutiva offerta dall’articolo 20 della Legge 44/99 (fondo di solidarietà vittime dell’usura) così da guadagnare il tempo necessario a rendere inaggredibili i patrimoni aziendali trasferendoli a società estere. Per questo motivo, le denunce/querele venivano riproposte senza sosta per anni e davanti disparate Procure nazionali nonostante finissero sistematicamente in archiviazione per infondatezza della notitia criminis; da qui la calunniosità delle accuse: le denunce, infatti, venivano riproposte identiche pur nella perfetta consapevolezza (dovuta dalla pluriennale notifica di richieste e decreti di archiviazione) dell’innocenza dei soggetti accusati di usura ed estorsione.

Per perseguire lo scopo, l’organizzazione ha: utilizzato la struttura giuridica del trust, nel cui fondo ha fatto confluire la piena proprietà o i diritti di usufrutto sui beni immobili aggredibili dai creditori; effettuato cessioni di quote del capitale sociale delle aziende a favore di un soggetto di diritto estero costituito ad hoc; affittato rami d’azienda a canone agevolato a favore di un soggetto di diritto estero costituito ad hoc.

Nel corso dell’indagine la Guardia di Finanza di Parma ha individuato ben 49 trust nonché riscontrati 71 cessioni di quote societarie, 12 affitti immobiliari, e 3 cessioni di rami di azienda, a fronte di debiti tributari non pagati per milioni di euro. Confluite, inoltre, le attività di polizia tributaria e giudiziaria condotte dalla Compagnia di Ferrara nei confronti di un soggetto economico fruitore di tali “servizi”.

E’ stato accertato, inoltre, che le spese relative alle pratiche aperte dall’Associazione e le relative perizie offerte dalla stessa venivano remunerate attraverso pagamenti diretti non all’ente no profit bensì a favore delle citate società estere intestate ai soggetti indagati e che venivano utilizzate, pertanto, come collettori dei flussi finanziari illeciti.

Sono 26, complessivamente, gli indagati dalla Guardia di Finanza per la vasta gamma di reati accertati che spaziano dalla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alla mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, fino alla calunnia. In ragione di ciò, il gip di Parma – Mattia Fiorentini – ha disposto l’emissione di 8 ordinanze di custodia cautelare di cui 4 in carcere e 4 ai domiciliari, nonché l’interdizione dall’esercizio di attività professionali e di impresa per un notaio e per una imprenditrice, il sequestro della sede dell’Associazione Antiusura, 7 società, 3 conti correnti nonché partecipazioni societarie di 41 persone giuridiche, 16 immobili, 2 siti internet e disponibilità liquide per quasi 7 milioni di euro.

L’operazione “Parola d’ordine” (dalla traduzione francese del nome delle tre società senegalese, slovena e croata “Motdepasse” che fungevano da “bacinella” di raccolta dei contanti incassati dagli indagati) condotta dalla Guardia di Finanza riscontra il prioritario impegno del Corpo a contrastare le frodi economico-finanziarie più gravi che, in questo caso, sono state perpetrate tramite l’illecito trasferimento di capitali all’estero, la residenza fittizia all’estero di persone fisiche e giuridiche, la costituzione in Italia di stabili organizzazioni occulte di imprese estere nonché l’utilizzo strumentale e illecito di trust.

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