Dopo i provvedimenti del 3 giugno scorso, l’Onu torna a colpire la Nord Corea con nuove sanzioni per la nona volta dal 2006. Il Consiglio di Sicurezza ha approvato all’unanimità una risoluzione che prevede il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord, fatta eccezione la quantità necessaria per il sostentamento della popolazione. Soddisfatta l’ambasciatrice americana, Nikki Haley, che ha assicurato che “gli Usa non cercano la guerra con Pyongyang”. Sostegno anche da Seul, Cina e Giappone.
Nel documento approvato dal Consiglio di Sicurezza sono state alleggerite, rispetto al testo originario, le sanzioni proposte su tutte le esportazioni di gas naturale e petrolio per ottenere il via libera di Russia e Cina. Nella risoluzione si legge che “gli Stati membri devono vietare la fornitura diretta o indiretta, la vendita o il trasferimento alla Nord Corea di gas naturale e dei prodotti petroliferi raffinati, e Pyongyang non si deve procurare tali prodotti”, con l’eccezione per la “fornitura, il trasferimento o la vendita a Pyongyang di tutti i derivati del petrolio sino a 500 mila barili per un periodo di tre mesi a partire dal primo ottobre, e sino a 2 milioni di barili all’anno a partire dal primo gennaio 2018″, a condizione che “siano impiegati esclusivamente per il sostentamento della popolazione e che non generino profitti da investire nei programmi nucleari o balistici”.
Gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza vietano anche ai loro cittadini o entità di agevolare o effettuare trasferimenti da una nave all’altra di qualsiasi merce od oggetto che vengono forniti, venduti o trasferiti da o per la Nord Corea. Inoltre i Quindici “non devono fornire visti lavorativi a cittadini nordcoreani a meno che non vengano approvate esenzioni caso per caso”. Non è invece compreso nel documento l’inserimento del leader Kim Jong-un nella lista nera con divieto di viaggio e blocco degli asset finanziari, ma si amplia l’elenco di individui ed entità del regime soggetti alle misure restrittive.
“La Corea del Nord non ha ancora passato il punto di non ritorno”, ha detto l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley. Ma “il mondo civilizzato deve fare quello che la Corea del Nord non sta facendo, ossia fermare la sua marcia verso la costruzione di un arsenale nucleare. La scelta è loro. se continueranno su questa strada continueremo ad aumentare la pressione, se decideranno di cambiare percorso il mondo vivrà in pace con loro”. Haley ha poi sottolineato che il risultato di ieri sera “non sarebbe stato possibile senza la forte relazione costruita tra il presidente americano Donald Trump e il collega cinese Xi Jinping”.
Pechino ha definito le misure adottate “necessarie” a causa del test nucleare effettuato da Pyongyang il 3 settembre, ribadendo però l’opposizione ai sistemi antimissile Thaad in Corea del Sud. La crisi, secondo il rappresentante permanente cinese all’Onu Liu Jieyi, “deve essere risolta in modo pacifico”. Chi invece parla di monito “pesante” è la Corea del Sud: le misure, spiega una nota del governo, “rappresentano il rinnovato impegno della comunità internazionale a non tollerare lo sviluppo nucleare e missilistico del Nord”.
“È importante attuare ulteriore pressione sul regime di Pyongyang, come mai prima d’ora, col fine di costringerlo ad adottare un nuovo atteggiamento – ha detto il premier giapponese Shinzo Abe – Apprezzo il fatto che la risoluzione sia stata adottata in maniera coordinata e spedita”. E il capo di Gabinetto giapponese Yoshihide Suga ha fatto sapere che Tokyo attenderà la reazione della Corea del Nord prima di decidere se approvare o meno nuove misure unilaterali.