Papa Francesco lo ammette: sul problema della pedofilia “la Chiesa è arrivata un po’ tardi: quando la coscienza arriva tardi, i mezzi per risolvere il problema arrivano tardi”. Ricevendo la Pontificia Commissione per la protezione dei minori, il Pontefice ha ritenuto che “forse l’antica pratica di spostare la gente, di non fare fronte al problema, ha addormentato le coscienze”. E ha chiarito: “Mai firmerò la grazia per chi è stato condannato per abusi su minori”.
A proposito della Commissione, che presso la Congregazione per la Dottrina della fede esamina i ricorsi di sacerdoti condannati in primo grado per abusi sessuali, Francesco ha detto che essa “lavora bene ma deve essere aggiustata un po’ con la presenza di qualche vescovo diocesano che conosca bene il problema proprio ‘in situ'”. Questa commissione, ha sottolineato, “è presieduta da monsignor Scicluna, arcivescovo di Malta, che è un uomo che ha una coscienza ben chiara del problema della pedofilia”.
La commissione che riceve ricorsi “ha un problema”, ha detto il Papa, ossia che “la maggioranza sono canonisti, esaminano se tutto il processo sta bene, c’è la tentazione degli avvocati di abbassare la pena. Gli avvocati vivono di questo, no? E ho deciso di bilanciare un po’ questa commissione e anche dire che se un abuso su minori è provato è sufficiente per non ricevere ricorsi. Se ci sono le prove, punto. E’ definito. Perché? Non per avversione, no, semplicemente perché la persona che fa questo, uomo o donna, è malato o è malata. E’ una malattia”.
Per il Santo Padre “diventa decisivo opporsi in ogni modo al grave problema della corruzione che, nel disprezzo dell’interesse generale, rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano”. “La corruzione – ha aggiunto – trova sempre il modo di giustificare se stessa, presentandosi come la condizione ‘normale’, la soluzione di chi è ‘furbo’, la via percorribile per conseguire i propri obiettivi”.
Quella corruzione che, riflette Francesco, “ha una natura contagiosa e parassitaria, perché non si nutre di ciò che di buono produce, ma di quanto sottrae e rapina. E’ una radice velenosa che altera la sana concorrenza e allontana gli investimenti”. “La corruzione è un habitus costruito sull’idolatria del denaro e la mercificazione della dignità umana, per cui va combattuta con misure non meno incisive di quelle previste nella lotta alle mafie”.