Un tunnel del sito nucleare di Punggye-ri, in Corea del Nord, è crollato lo scorso 10 ottobre (ma oggi è trapelata la notizia), causando la morte di circa 200 persone. Lo riporta l’agenzia sudcoreana Yonhap, secondo cui l’incidente sarebbe avvenuto durante i lavori di scavo di un’altra galleria. La notizia riaccende i timori sulla fuga di pesante radioattività.
Punggye-ri è il sito nucleare dal quale si effettuano spesso i test voluti da Kim Jong-un per verificare la potenza del proprio arsenale. Anche il test del 3 settembre, il sesto voluto da Kim, il primo da quando Donald Trump è presidente, è stato fatto qui. Secondo la tv giapponese Asahi l’incidente è stato provocato dall’indebolimento del terreno circostante: dopo l’esplosione è stata registrata una prima scossa di terremoto di 6.3 sulla scala Richter, e nei giorni successivi ne sono state avvertite altre meno intense.
Secondo la Yonhap invece, i crolli – al primo ne è seguito un altro, durante le operazioni di soccorso – sono stati causati dai lavori di ampliamento del sito. I nordcoreani starebbero realizzando nuovi tunnel sotterranei per spostare di qualche chilometro il luogo dei test, ma la struttura sarebbe stata indebolita dalle esplosioni nucleari e non avrebbe sopportato i nuovi scavi.
Il responsabile della Korea meteorological administration, l’agenzia che sovrintende anche sui terremoti, ha detto ieri in un’audizione parlamentare a Seul che un’ulteriore esplosione avrebbe potuto far crollare la montagna e causare il rilascio di materiale radioattivo.
Intanto, il 10 novembre a Roma ci sarà un vertice sul disarmo nucleare voluto da papa Francesco. Il Vaticano ha invitato undici premi Nobel per la pace, i vertici dell’Onu e della Nato, e i principali attori coinvolti nella crisi della penisola coreana: Usa, Russia e Corea del sud invieranno i propri ambasciatori. I due giorni d’incontri saranno un’occasione per il pontefice per richiamare l’attenzione sul pericolo di una possibile guerra nucleare.
Anche il presidente americano nei prossimi giorni presterà particolare attenzione al continente asiatico. Dopo le provocazioni degli ultimi mesi con Kim Jong un, Donald Trump farà visità a Giappone, Corea del sud, Cina, FiIlippine e Vietnam. Il viaggio servirà a rassicurare gli alleati a Tokyo e Seul sull’impegno stabile degli Usa nella regione per garantire la sicurezza dei Paesi amici. Ma anche a ottenere da Pechino uno sforzo maggiore nella risoluzione della crisi delle Coree: secondo Trump, la Cina non sta facendo abbastanza per dissuadere Pyongyang dallo sviluppo del nucleare. Il presidente Usa parteciperà poi a diversi incontri multilaterali per rafforzare i legami economici e la cooperazione commerciale nel sud est asiatico.