“Dobbiamo darci con la tua leadership, caro Matteo, l’assetto più forte, competitivo e largo possibile per vincere”, dice Paolo Gentiloni a Matteo Renzi dalla conferenza programmatica del Pd a Pietrarsa. “Spalle larghe, poche chiacchiere, gioco di squadra, discussione aperta sulle idee e soprattutto unità”, scandisce il premier provando a spazzare via giornate di tensione e sfidando gli “ultrà” delle divisioni nel Pd. Ma sollecita anche il Pd ad assumere “l’impegno solenne” a una “fine ordinata della legislatura” per “non dissipare” i risultati ottenuti. C’è stata “qualche visione diversa” ma “nessuna frattura”, assicura Renzi. E accoglie il premier sul treno con cui sta girando l’Italia: “E’ casa sua”.
Ma tra Pd e governo le scorie non sono esaurite e nel partito si è aperta una discussione vera in vista del voto. Andrea Orlando sfida Renzi: “Il centrosinistra va costruito, oggi non c’è, e le parole sull’unità non bastano”.
Anche gli esponenti della maggioranza Dem incalzano il segretario: lo fanno subito e si preparano a farlo ancor di più dopo la probabile sconfitta in Sicilia. “Lavoriamo per l’unità oltre il Pd, o il popolo della sinistra non perdona”, scandisce il ministro Marco Minniti. E in un uno-due con Gentiloni dà la spinta su un tema, come lo ius soli, sul quale sono emerse perplessità tra i Dem. Ha un tratto marcatamente di sinistra il programma che Gentiloni tratteggia dal palco della conferenza programmatica del Pd, nel museo di Pietrarsa.
Il premier sottolinea la necessità di non fare una campagna elettorale “contro l’Europa”, parla di dignità del lavoro, ambiente e di un tratto da assumere più nettamente “ambientalista”. E poi invita a guardare ai più deboli: “Ogni tanto continuiamo a frequentare più i vincenti che i perdenti della globalizzazione”, nota facendo autocritica, dopo aver rivendicato a sé e a Renzi di aver incassato il primo “upgrading” dopo 15 anni da Standard & Poor’s.
Per il futuro Gentiloni, poi partito per una missione in India, indica al partito la necessità di costruire “l’assetto il più largo possibile, aperto verso il centro e la sinistra, per vincere e governare”. Quello è l’obiettivo: “Niente scherzi e gioco di squadra” perché il Pd è “l’unico perno possibile di una sinistra di governo”, rimarca. Ma a un tornante delicato per numeri in Parlamento, avverte, si deve “garantire la fine ordinata della legislatura”.
A Renzi, che lo applaude e invita la prima fila alla standing ovation quando entra il premier, Gentiloni riconosce la “leadership”. Il segretario la rivendica, perché così stabilisce lo statuto Pd: chi vince le primarie è segretario e candidato premier, dice in un’intervista a Le Monde.
Renzi ribadisce anche il gioco di squadra, facendosi immortalare in una diretta Facebook dal treno con i ministri Graziano Delrio e Marco Minniti (“Rappresentano la destra e la sinistra”, scherza) e poi accogliendo il premier con tutti i dirigenti del Nazareno. Ma le scorie dello scontro su Bankitalia si avvertono. Delrio spiega di aver avvertito il premier e il ministro Franceschini della sua assenza nel Consiglio dei ministri per la nomina di Visco.
A Pietrarsa c’era anche Luca Lotti ma non Maria Elena Boschi (è ancora malata, spiegano dal Pd). “Adesso guardiamo avanti”, dice Roberta Pinotti. E Dario Franceschini, via Twitter, assicura di non volere una resa dei conti: “Lavoro per unire e allargare il campo, non certo – aggiunge con una punzecchiatura – per dividere ancora di più”. E se la parola “unità” è la più ricorrente a margine dei lavori di Pietrarsa, che non riemergano presto divisioni e tensioni nessuno è pronto a scommettere.