Si è conclusa con il botto la sezione “Incontri ravvicinati” al Cinema Hart di via Crispi dove, nella serata finale della 19esima edizione del Napoli Film Festival, ha avuto luogo l’intervista con l’attore e regista Sergio Castellitto. Un sold out, già annunciato da giorni, che ha visto un pubblico, composto ma entusiasta, seguire con attenzione la piacevole conversazione di Castellitto con il giornalista Marco Lombardi.
Annullata, per motivate ragioni familiari, la partecipazione della moglie, la scrittrice e sceneggiatrice Margaret Mazzantini, Castellitto è, però, stato accompagnato in sala da due dei loro quattro figli e ha reso palpabile, in più momenti, la presenza di una compagna che gli è accanto, nella vita privata, da trent’anni e in quella lavorativa da almeno un ventennio. In effetti, gran parte del colloquio ha riguardato la loro salda relazione, che è stata descritta, fin dall’inizio, da una folgorante frase della Mazzantini, che è solita commentare il loro indissolubile legame definendolo “non un amore bensì un destino”.
Miglior incipit, quindi, non poteva esserci e, infatti, quando sullo schermo è apparsa la foto di Margaret, gli spettatori hanno risposto liberando un applauso complice e commosso. Un immediato feeling, protrattosi lungo l’intero incontro, che ha narrato lo stretto connubio tra letteratura e cinema, aneddoti curiosi, progetti, speranze, insomma, in poche parole, il meraviglioso microcosmo di una delle accoppiate più vincenti e di successo della Settima Arte nostrana.
Un’alchimia perfetta, che ha funzionato fin dalla loro prima importante collaborazione, ovvero la trasposizione per il grande schermo del best seller del 2001 “Non ti muovere”, vincitore del prestigioso premio Strega, diventato un film nel 2004, interpretato da un’impareggiabile Penelope Cruz. Una pellicola alla quale Castellitto, sia regista sia interprete, ha dichiarato di essere ancora tanto legato, dopo averne letto una pagina con intensità e averne, poi, mostrato la trasposizione filmica, per la sua attualità e trasversalità generazionale.
E a proposito dell’incidenza dell’opera letteraria sulla vita delle persone, ha, a questo punto, raccontato un episodio serio con toni, a tratti, anche divertiti, cifra indubbia della sua maniera di fare cinema. All’indomani dell’uscita di “Non ti muovere”, tra le tante lettere giunte alla moglie ne è arrivata una di una signora borghese, madre e moglie, che, avendo apprezzato molto il libro, continuava a consigliarlo vivamente al marito. Quest’ultimo, finalmente, se ne immerge un’intera nottata e, al mattino, sentendo al telefono la moglie, le annuncia l’intenzione di divorziare.
La parola scritta gli aveva, quindi, fornito la forza e la libertà di compiere un gesto rimandato per vent’anni, momento nel quale si era innamorato di un’altra donna e non aveva avuto il coraggio di abbandonare la famiglia. Un accaduto, certamente, drammatico restituito, però, con la leggerezza di un inguaribile affabulatore, istrionico e ironico. D’altronde, come lui stesso ha dichiarato, il melodramma rimane il suo filtro preferito per ritrarre la realtà di esistenze, per lo più, femminili, spesso, allo sbando ma con una spiccata volontà di redenzione e lotta, senza quartiere, per la sopravvivenza, come accade nell’ultima pellicola, proiettata a seguire l’intervista, “Fortunata”, molto apprezzata a Cannes dove la protagonista Jasmine Trinca, una delle sue attrici feticcio, ha guadagnato il premio per la migliore interprete dell’importantissima sezione “Un Certain Regard”.
Un alloro meritato, anche, grazie a un sottofinale da brividi, costruito sulle note morbide e intense della canzone “Vivere” di Vasco Rossi, che sintetizza una precisa strategia creativa del Castellitto cineasta. Ha, infatti, affermato che sono, sovente, le suggestioni musicali a dare forma a una scena, che, forse, non sarebbe mai esistita, come nel caso della sequenza finale di “Nessuno si salva da solo”, altro “instant movie” tratto da un’opera omonima composta dalla Mazzantini nel 2011.
E a proposito di trasposizioni future, ha dichiarato l’intenzione di portare sullo schermo l’ultima fatica letteraria della moglie “Splendore” (2013), storia di una relazione omosessuale, che l’autorevole critico Asor Rosa ha definito l’opera più autobiografica della Mazzantini.
Un giudizio, certamente, consapevole che dimostra quanto sia importante che l’amore, qualunque forma di espressione esso assuma, vada raccontato da chi lo vive quotidianamente poiché capace di farlo pulsare di passione nell’arte e di donare al lettore/spettatore, pur nell’alienante realtà circostante, la magia inspiegabile di una simbiosi tra due anime/corpi necessaria, esemplare, duratura.