“È un’organizzazione ancora molto potente, la più potente che si impone sull’intera città e buona parte della periferia settentrionale. Senza defezioni è in grado di aprire reali squarci nella fitta trama di interessi e intrecci illeciti”. È questo il ritratto dell’Alleanza di Secondigliano che emerge dall’ultima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha portato a diciannove arresti, al sequestro per svariati milioni di euro di 59 immobili e nove società tra il Giuglianese e la Toscana riconducibili al clan dei fratelli Mallardo (leggi qui).
Due i filoni seguiti nell’inchiesta: da un lato gli affari del clan, dall’altro le epurazioni e scissioni i8nterne e il sequestro preventivo per equivalente che riguarda beni per 829 milioni di euro. Sono invece quindici le misure cautelari in carcere, due ai domiciliari e tre i casi di obbligo di firma.
Tra i destinatari delle misure cautelari in carcere, oltre al boss Francesco Mallardo, ritenuto il vertice del clan, spicca il nome di Antimo Liccardi, dipendente del comune di Giugliano e di suo nipote Paolo. “Comandava è più del sindaco” si diceva di Liccardo in alcune intercettazioni. Era lui il padrino che gestiva il patrimonio del clan e i capitali da investire soprattutto nell’edilizia privata e in toscana e ad Arezzo Liccardo avrebbe creato un gruppo imprenditoriale attraverso due società, la Valdarno Costruzioni e la Edil Europa 2 che funzionavano – scrive il gip – come centrali per la ripulitura del denaro proveniente dalle attività del clan Mallardo. E la Dda continua: “Nessun pentito nelle fila degli affiliati che contano, molte coperture, tanti soldi. È mafia vera e propria”.
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