Gli agenti della squadra mobile di Caltanissetta, in collaborazione con i poliziotti del commissariato di Niscemi, hanno dato esecuzione al provvedimento definitivo, a seguito del rigetto dei ricorsi presentati in Cassazione contro le condanne emesse dalla Corte d’Assise d’Appello di Catania, a carico di Giuseppe Amedeo Arcerito, 64 anni, condannato all’ergastolo; Salvatore Di Pasquale, 51 anni, condannato a 13 anni di reclusione, e Francesco Amato, 47 anni, condannato a 12 anni e 9 mesi.
Arcerito, detto “u lumiaru”, considerato elemento di vertice di cosa nostra niscemese, è stato condannato alla pena dell’ergastolo in quanto ritenuto responsabile, in qualità di mandante, dell’omicidio in danno di Alfredo Campisi, avvenuto nel novembre del 1996; Amato, inteso “Ciccio pistola”, è stato condannato per aver attentato, in due occasioni (una nella piazza principale e l’altra presso un laboratorio di lavorazione marmi di Niscemi) alla vita di Campisi ; Di Pasquale, inteso “Turi Cavulata” per aver attentato alla vita di Campisi, in pieno centro di Niscemi. A tutti è stata contestata l’aggravante dell’aver compiuto i reati come appartenenti all’associazione mafiosa di cosa nostra di Niscemi (ala Emmanuello).
Le indagini, condotte con il commissariato di Niscemi, culminate nel 2011 con l’emissione di sei ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico dei tre odierni condannati (oltre ad Alessandro Emmanuello, Sebastiano Montalto e Rosario Lombardo, deceduto) misero in risalto la figura di Alfredo Campisi, soggetto emergente dell’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra” niscemese, all’interno della quale si era verificata una spaccatura dovuta soprattutto alle ambizioni di comando dello stesso, il quale già dal 1994, aveva iniziato a crearsi un proprio gruppo di spietati minorenni tra i quali, in particolare, spiccava Giuliano Chiavetta, attuale collaboratore di giustizia.
Campisi venne ucciso il 6 novembre 1996 sul ponte Dirillo (agro di Acate) che segna il confine tra la provincia di Ragusa e quella di Caltanissetta: l’omicidio venne commesso materialmente da Pitrolo Antonino, oggi collaboratore di giustizia, e da Buzzone Giuseppe, inteso “Turi Cavolata” (quest’ultimo già condannato, in altro procedimento, alla pena di 17 anni). Campisi venne attinto più volte alle spalle, mediante l’utilizzo di una pistola semi automatica marca Walther – calibro 7,65 – con matricola abrasa, mentre si trovava alla guida della propria autovettura Y10 in compagnia di Chiavetta Giuliano (anch’egli collaboratore di giustizia); Pitrolo e Buzzone portarono a termine l’omicidio dopo un lungo inseguimento, effettuato a bordo di un’autovettura Fiat Tempra, condotta dal Buzzone, che aveva avuto inizio dalle porte di Niscemi e si era concluso sul ponte “Dirillo”.
Precedentemente, Campisi era stato vittima di altri due tentativi d’omicidio; per i quali, dopo le indagini della Squadra Mobile nissena, furono condannati Alessandro Emmanuello (all’ergastolo, in qualità di mandante dei tentati omicidi e dell’omicidio) e il collaboratore Celona Emanuele (in qualità di esecutore materiale dei tentati) in quanto colpevoli di aver attentato la vita del Campisi nei pressi del laboratorio artigianale di lavorazione marmi ubicato a Niscemi in via Officina Elettrica dove quest’ultimo lavorava; i gelesi Emanuele Greco, Massimo Carmelo Billizzi, Fortunato Ferracane, Nunzio Licata furono condannati, in qualità di esecutori, per il delitto di tentato omicidio, consumato nei pressi della piazza principale di Niscemi, nonché di detenzione e porto abusivo di armi da fuoco.
Lo scorso 6 ottobre ad Arcerito sono stati confiscati terreni, mezzi agricoli e fabbricati per un valore complessivo di circa cinque milioni di euro, acquisiti grazie al suo ruolo di vertice ricoperto in seno a “Cosa Nostra” di Niscemi.
IN ALTO IL VIDEO DELL’ARRESTO DI ARCERITO