I carabinieri del Ros hanno eseguito, nelle province di Bari, Taranto e Barletta-Andria-Trani, ma anche in altre località del territorio nazionale, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Procura distrettuale antimafia di Lecce, nei confronti dei componenti di una frangia della Sacra Corona Unita, indagati per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, danneggiamento e altro.
L’indagine ha fatto emergere, tra l’altro, collegamenti con la cosca ‘ndranghetista Bellocco di Rosarno e infiltrazioni nel mercato tarantino della vendita di prodotti ittici, sia attraverso l’estromissione, con tipiche modalità mafiose, di altri operatori commerciali, sia attraverso l’acquisizione di società fittiziamente intestate a prestanome.
I provvedimenti (11 di custodia cautelare in carcere, uno di sottoposizione agli arresti domiciliari ed uno all’obbligo di presentazione) scaturiscono da un’attività investigativa avviata nel mese di ottobre 2014 dal Ros con il supporto dell’Arma territoriale di Massafra nei confronti di un gruppo criminale federato all’organizzazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita operante nella città di Massafra (Taranto) e comuni limitrofi, capeggiato da Cataldo Caporosso, già condannato con sentenza irrevocabile per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Lo stesso era emerso nel corso dell’attività quale soggetto legato al noto boss calabrese Bellocco Umberto, vecchio “Patriarca” della “‘ndrangheta”, a capo dell’omonima cosca di Rosarno, da sempre ai massimi vertici del sodalizio, nonché egli stesso tra gli storici fondatori della Sacra Corona Unita.
Le indagini hanno permesso di attualizzare l’operatività di Caporosso in seno al sodalizio criminale pugliese e di dimostrare come lo stesso fosse stato investito con il grado di “padrino” nell’ambito dell’organizzazione direttamente da Bellocco in virtù del ruolo di quest’ultimo nell’ambito della Sacra Corona Unita. Per tale ragione, Caporosso ha rivestito il ruolo di referente criminale della consorteria calabrese nel territorio tarantino, con lo specifico mandato di curarne la gestione operativa oltre a quella commerciale ed economica.
Nel corso delle indagini sono emersi chiari ed inequivocabili elementi di reità in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale avente connotazioni tipiche mafiose, influente sul territorio di Massafra ed aree limitrofe i cui sodali hanno dimostrato di essere pienamente consapevoli della loro appartenenza ad una consorteria strutturata gerarchicamente al cui vertice si è posto Caporosso.
Significativi, al riguardo, gli elementi raccolti nel corso delle indagini che hanno consentito alla magistratura di ritenere sussistenti tutti gli elementi tipicamente costitutivi dell’associazione mafiosa armata. Documentata l’esistenza di una fiorente attività di traffico e spaccio al dettaglio di ingenti quantitativi di cocaina, commercializzata da una fitta rete di pusher, grazie a periodici rifornimenti di stupefacente da un altro gruppo criminale del posto capeggiato da Riccardo Sgaramella, detto “Salotto” operante nella vicina città di Andria.
Accertata anche la disponibilità da parte della consorteria di un considerevole patrimonio economico, foraggiato proprio dagli introiti delle attività illecite poste in essere da utilizzare per le quotidiane esigenze organizzative (acquisto di telefonini, schede, ricariche telefoniche, carburante, etc.) e per le eventuali spese legali sostenute degli affiliati.
Sulla scorta delle risultanze investigative e degli accertamenti patrimoniali condotti sul tenore di vita degli indagati e dei soggetti ad essi vicini rispetto ai redditi dichiarati, contestualmente all’esecuzione delle misure personali, il gip, accogliendo le richieste degli inquirenti, ha disposto anche il sequestro preventivo di un’attività commerciale di onoranze funebri, quattro veicoli e diversi rapporti finanziari bancari e postali attivi, riconducibili a Caporosso ed ai suoi familiari.
L’indagine ha confermato l’elevato livello criminale raggiunto dalla consorteria capeggiata da Caporosso nel territorio jonico e, anche in virtù dell’investitura ricevuta dal reggente della cosca Bellocco di Rosarno, la capacità del gruppo da lui diretto di infiltrarsi nei settori economici più redditizi quale quello della compravendita di prodotti ittici nel capoluogo jonico, anche al fine di reinvestire i proventi delle attività illecite, intessendo relazioni criminali con altri esponenti della criminalità organizzata tarantina.
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