Si è conclusa in questi giorni l’operazione di contrasto alla pirateria del software denominata “Underli©Ensing 3”, coordinata dal “Nucleo Speciale Tutela Proprietà Intellettuale” della Guardia di Finanza. Le Fiamme Gialle hanno eseguito in contemporanea 121 ispezioni, presso le sedi di altrettante società dislocate sull’intero territorio nazionale, finalizzate al riscontro della regolare detenzione e utilizzo dei software impiegati nell’ambito delle varie attività economiche.
In ogni team operativo messo in campo dai Reparti territoriali, erano presenti gli “specialisti” della Guardia di Finanza, qualificati “C.f.d.a. – Computer forensics data analysis”, esperti nell’esaminare e rilevare anche i contenuti più remoti e nascosti nelle memorie virtuali dei supporti informatici. Al termine delle ispezioni, sono state riscontrate diverse modalità di commissione delle violazioni: dalla più comune forma di pirateria informatica – l’underlicensing, ossia l’installazione di un software su un numero maggiore di “macchine” rispetto a quello previsto dalla licenza – al crack, cioè l’utilizzo di programmi illegali che, generando una chiave o codice di attivazione, permettono la conversione di una versione “trial/home” ad una versione “completa/professional”, fino a casi di mislicensing, ossia l’uso inappropriato della licenza o del contratto acquistati, come ad esempio l’impiego imprenditoriale di un software in versione “education”.
Nel complesso sono stati denunciati 62 responsabili. In alcuni casi, inoltre, in aderenza alle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 231 del 2001, è stata contestata anche la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati commessi nel loro interesse dagli amministratori aziendali. Nonostante i frequenti (e spesso anche maldestri) tentativi di cancellare i programmi illegali dai computer, anche a pochi istanti dall’avvio dell’ispezione, nella vana speranza di nascondere le responsabilità, grazie alle tecniche investigative e di controllo forense sviluppate dai militari è stato possibile sequestrare oltre 900 programmi per elaboratore privi di regolare licenza e più di 350 apparati hardware, tra computer e hard-disk. Il valore di mercato delle licenze relative ai software sequestrati si aggira intorno ai 7,5 milioni di euro.
In proposito si rileva come uno studio, diffuso lo scorso anno a livello mondiale dalla Global Software Survey di Bsa, abbia assegnato all’Italia un tasso di pirateria in calo intorno al 45%, ma ancora fra i più elevati dell’Europa Occidentale (in cui ad es. la Francia si situa al 34%, Germania e Regno Unito al 22%, a fronte una media dell’intera area pari al 28%). Per il reato di violazione della proprietà intellettuale la normativa vigente nel nostro Paese (la legge n. 633 del 1941) prevede, in aggiunta alla violazione penale, anche una contestazione di natura amministrativa pari al doppio del valore di mercato del software illecitamente utilizzato. Pertanto, sono state contestate ai titolari delle imprese utilizzatrici dei software piratati, sanzioni amministrative pari a circa 15 milioni di euro.
L’operazione sottolinea l’attenzione rivolta dalla Guardia di Finanza alla tutela del diritto d’autore connesso ai prodotti informatici. I risultati dell’ultimo triennio vanno dai circa 300 software illegali sequestrati nel 2015, agli oltre 1600 programmi nel 2016. Nei primi 10 mesi di quest’anno sono stati oltre 1000 i software illecitamente installati o utilizzati riscontratati nel corso delle attività di servizio. L’indagine ha preso forma nell’ambito della mission della Guardia di Finanza in tema di tutela degli IP rights, identificata con l’espressione “sicurezza partecipata”, consistente nella collaborazione sinergica tra Istituzioni, Forze di Polizia e titolari dei diritti che trovano nel S.i.a.c. – il Sistema informativo anti-contraffazione (https://siac.gdf.it), gestito dal Nucleo Speciale Tutela Proprietà Intellettuale, il punto di raccordo fra queste realtà.
IN ALTO IL VIDEO