Carinaro, torna in carcere Francesco Di Grazia: avrebbe chiesto soldi in un bar a Gricignano

di Redazione

E’ terminata dopo pochi giorni la detenzione domiciliare ottenuta da Francesco Di Grazia, 45enne esponente dell’omonimo camorristico diCarinaro, nel casertano. Dopo un lungo periodo in carcere – 13 gli anni scontati – per omicidio, porto abusivo di armi e rapina, reati aggravati dall’uso del metodo mafioso, appena uscito dalla cella di Sassari, in Sardegna, per aver avuto accesso ai domiciliari, Di Grazia era tornato a Carinaro.

Pochi giorni fa, però, su ordine del tribunale di sorveglianza di Sassari, i carabinieri di Sant’Antimo hanno eseguito nei suoi confronti una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’uomo, infatti, raggiunto un bar di Gricignano, avrebbe preteso dei soldi da una persona. Da qui la revoca dei domiciliari e il ritorno in carcere, questa volta nel penitenziario di Secondigliano.

Cugino di Paolo Di Grazia, ex boss divenuto collaboratore di giustizia, Francesco Di Grazia fu arrestato nel 2007 dai carabinieri della sezione operativa di Aversa e raggiunto da un’altra ordinanza di custodia in carcere l’anno successivo, insieme ad altre tre persone che, secondo gli inquirenti, avevano avrebbero organizzato l’agguato teso a Ferdinando Schiavo il 2 dicembre del 2003, in via Grecini, a Gricignano. Schiavo, raggiunto da diversi proiettili, non morì e fu salvato dopo il ricovero in ospedale. Schiavo sarebbe poi finito in carcere un anno dopo e condannato all’ergastolo per l’omicidio del poliziotto Paolo Solone.

I Di Grazia volevano eliminarlo perché sospettato di essere vicino al clan dei casalesi: una posizione “scomoda” poiché il clan di Carinaro voleva mettere in piedi la Ncs (Nuova camorra speciale), come fu definita, e distaccarsi dalla potente organizzazione dell’agro aversano. Al “cartello” avevano aderito, assieme ai Di Grazia, i clan Belforte di Marcianise, De Sena di Acerra, Messina-Piscopo di Casalnuovo, Sarno di Ponticelli, organizzando “omicidi strategici”, volti a favorire gli interessi di ogni singolo gruppo e di tutta la consorteria camorristica, decisa a difendersi anche dalle cosche che un tempo facevano parte della Nuova famiglia.

Una escalation bloccata dalle forze dell’ordine, soprattutto con due interventi dei carabinieri. Un primo attacco fu mosso nell’ottobre del 2005 quando, con l’accusa di estorsione, furono ammanettati i fratelli Paolo Riccardo Di Grazia. Nel marzo del 2007 la sferrata finale: in cella finirono i vertici del clan, compreso Francesco Di Grazia. Determinanti, ai fini degli arresti, furono le dichiarazioni di uno degli arrestati, poi pentitosi, Francesco Paccone, il quale indicò in un terreno al confine tra Carinaro e Gricignano il “cimitero della camorra”, dove venivano occultati i cadaveri delle persone assassinate dai clan del cartello.

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