Le Fiamme Gialle pitagoriche hanno eseguito 6 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e 5 misure coercitive di obbligo di dimora nei confronti di un sodalizio delinquenziale dedito al contrabbando di prodotti petroliferi. L’inchiesta, diretta dalla Procura crotonese e condotta dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria e della compagnia di Crotone, conclusa con la denuncia di 21 persone, ha permesso di ricostruire una frode, all’Iva e alle accise, per oltre 1 milione di euro, con conseguente immissione illegale di 1 milione e 400 mila litri di pseudo gasolio.
L’indagine è nata grazie al controllo economico del territorio svolto dal comando provinciale e, nello specifico, in virtù del sequestro il 4 aprile 2016 nei pressi di Cutro, di un’autocisterna polacca che trasportava l’anomalo prodotto petrolifero sulle strade della provincia di Crotone. Successivamente, grazie anche agli strumenti di cooperazione internazionale di cui la Finanza si avvale, agli investigatori del Nucleo sono giunti pregnanti dati che attestavano l’immissione in consumo di ingenti quantitativi di prodotto petrolifero recanti come destinazione in Italia, denominazioni di società ignare o di fantasia. La trasposizione di tali emergenze investigative, unitamente al delinearsi di una strutturata associazione a delinquere, ha suscitato l’immediato intervento della Procura di Crotone, la quale ha disposto l’avvio di penetranti indagini. Ricostruita l’articolata frode posta in essere dal sodalizio, articolato su base familiare ma che si avvaleva di altri soggetti con compiti e ruoli ben definiti.
Il sistema era alquanto subdolo: per il tramite di fabbriche di prodotti energetici in Polonia, il prodotto petrolifero veniva cartolarmente venduto a società operanti nella Repubblica Ceca; l’associazione criminale era riuscita a predisporre una miscela energetica che fiscalmente, e quindi documentalmente, era assimilabile all’olio lubrificante (prodotto non sottoposto ad accisa) ma tuttavia, avendone le stesse caratteristiche energetiche (e visive), veniva commercializzato come gasolio, senza però essere gravato fiscalmente come quello che ogni cittadino o camionista trova alla pompa, con un costo al consumo oltremodo vantaggioso.
A tessere le fila della rete era un ristretto gruppo con base in Calabria, nella cittadina di Torretta di Crucoli, ma già operante è conosciuta in altre zone d’Italia basti considerare una analoga attività d’indagine svolta dai Finanzieri di Udine. Fondamentale per la ricostruzione dell’organizzazione criminale sono state le attività tecniche come anche i pedinamenti e le osservazioni svolte con la collaborazione di altri reparti del Corpo in tutta Italia e le indagini finanziarie svolte in virtù della contemporanea segnalazione di operazioni sospette che i Finanzieri pitagorici hanno saputo connettere alle emergenze investigative.
L’apparente “olio lubrificante” in realtà gasolio per autotrazione, veniva caricato in un altro paese membro dell’Unione Europea, prima di esser distribuito in Italia ad aziende compiacenti, anche attraverso vettori esteri, occultando il prodotto in contenitori di polietilene di forma cubica, cosiddetti “bulk” caricati a bordo di camion telonati e non idonei allo specifico trasporto di prodotti classificati pericolosi.
Si è così arrivati al 14 settembre 2016 ad un secondo imponente sequestro di un carico intercettato all’interno di una azienda di autotrasporti. Ma, nonostante tale attività repressiva, il gruppo criminale ha continuato ad operare incessantemente, intessendo rapporti con imprenditori in altre provincie italiane, come Lucca, Milano, Parma e nella provincia di Barletta – Andria – Trani, ove il monitoraggio posto in essere dagli uomini del Nucleo e della Compagnia, ha consentito ai finanzieri della compagnia di Andria, di procedere in data 20 novembre 2016 ad un ulteriore sequestro di olio lubrificante. Ulteriore riscontro della pervicace capacità delinquenziale dell’individuato gruppo si è avuto con l’ultimo dei sequestri, questa volta operato a Crucoli Torretta il 22 novembre 2016.
I provvedimenti giudiziari, hanno riguardato: Francesco Celsi, detto “u’ Baron”, Giovan Pietro Celsi, detto “Gianpiero”, con i ruoli di promotori e capi dell’associazione a delinquere, Vincenzo Madea, detto “Mandarino”, quale “rappresentante” del prodotto con il compito di piazzarlo e di intessere affari con altri soggetti, Mario Sproviero la “testa di legno” delle società, nel tempo fittiziamente destinatarie del prodotto, ma dai cui conti partivano bonifici per i fornitori esteri per centinaia di magliaia di euro; Simone Celsi, Massimo Carvelli, Nicola Garofalo, Giulio Esposito, Emilio Bosso, Giuseppe Anastasio e Cosimo Manetta, ciascuno con ruolo di partecipante e con mansioni coadiuvanti gli organizzatori del sodalizio criminale, fornendo il loro contributo alla realizzazione del programma delinquenziale. Le conseguenti attività di natura fiscale che i finanzieri si apprestano a svolgere, come altre già in passato svolte a carico della famiglia Celsi, permetteranno di ristabilire un sistema di concorrenza leale, gravemente minata dalla presenza sul mercato di soggetti che, in forza dell’attività illecita, erano in grado di vendere prodotti a prezzi inferiori rispetto a quello praticato dagli imprenditori onesti.
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