Cosca mafiosa imponeva videopoker, 7 arresti a Menfi

di Redazione

I carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti dei vertici e degli affiliati della famiglia mafiosa di Menfi. Il blitz, coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, è stato eseguito da 100 militari, con l’ausilio di unità cinofile e di metal detector per la ricerca di armi.

Gli arrestati sono tutti accusati di appartenere a Cosa nostra e di aver perseguito, nella valle del Belìce, il controllo di attività economiche e di appalti pubblici”. Documentati collegamenti con capi mandamento e capi famiglia di Sciacca e dintorni. Durante le varie fasi dell’inchiesta, gli indagati si sono dimostrati particolarmente attenti sia negli spostamenti, sia nel parlare tra di loro, limitando al massimo gli incontri, che avvenivano solo in luoghi isolati e insoliti, quali maneggi, abitazioni e persino ambulatori medici. Più di una volta, hanno tra l’altro chiesto ad officine meccaniche compiacenti, di eliminare microspie dalle autovetture in loro uso.

L’inchiesta si è incentrata principalmente sulla figura del capo della cosca mafiosa di Menfi, il quale, al fine di ricostituire l’organizzazione menfitana, colpita nel 2008 dall’operazione “Scacco Matto”, ha in un primo tempo contattato Domenico Friscia, autorevole esponente di vertice di Sciacca. Ha poi sondato il terreno con il medico Pellegrino Scirica al fine di comprendere se questi avesse preso o meno le redini dell’organizzazione in un momento di sbandamento. Infine, prima di muoversi per tessere la sua ragnatela di contatti con picciotti a sua disposizione, ha chiesto ed ottenuto l’autorizzazione di Pietro Campo in occasione di due incontri avvenuti rispettivamente il 30 giugno e il 9 luglio 2015. Ottenuta l’investitura, la rinata cosca di Menfi ha ripreso il controllo del territorio, iniziando dal business dell’imposizione dei video poker e delle slot machine negli esercizi commerciali della località rivierasca. Emblematica è la conversazione in cui gli indagati affermano: “Ci dobbiamo mettere con le macchinette e ce li prendiamo noialtri i soldi!”.

Gli incontri documentati dai carabinieri avvenivano nei luoghi più disparati. Molto spesso all’interno o nei pressi dell’ambulatorio medico menfitano messo a disposizione da una delle figure centrali dell’inchiesta, il medico di base menfitano Pellegrino Scirica. Questi, oltre a veicolare le informazioni all’interno dell’organizzazione, è spesso intervenuto nella gestione degli affari dell’associazione, incontrando persino, in una circostanza, il capomafia Leo Sutera. Tra gli elementi apicali coinvolti nell’indagine, risulta esservi anche Domenico Friscia, personaggio di spicco della cosca di Sciacca, già noto nell’ambito di altri procedimenti penali, il quale si sarebbe anche attivato al fine di procurarsi armi da fuoco da tenere nella disponibilità dell’organizzazione. Tutti i destinatari della misura il luglio 2016 erano già stati arrestati dai carabinieri di Sciacca per le stesse ipotesi di reato, in esecuzione di un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo.

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