Per l’intera mattinata del 12 febbraio sulle bacheche Facebook di mezza Italia era apparso il post di un utente, il quale, con tanto di foto corredata, sosteneva che un ragazzo di colore a bordo del Frecciarossa 9608 Roma Termini-Milano viaggiasse sprovvisto di biglietto, munito solo di un tagliando per un treno interregionale. Tra l’altro, l’immigrato non avrebbe avuto con sé documenti e denaro. Ciò nonostante, la capotreno che lo aveva controllato lo avrebbe lasciato stare senza adottare provvedimenti, tra gli sguardi attoniti e l’indignazione degli altri passeggeri paganti. Insomma, quel ragazzo avrebbe effettuato il viaggio su un treno ad alta velocità con un biglietto da 4 euro, risparmiando oltre 80 euro rispetto al costo normale del tagliando, restando impunito.
La storia, poi, veniva condita di dettagli: il ragazzo sarebbe stato in possesso di uno smartphone di ultima generazione (Samsung Galaxy S8), avrebbe fatto finta di dormire all’arrivo della capotreno e non sarebbe stato in grado di sostenere una conversazione né in italiano né in inglese. Non poteva mancare il collegamento (fuori luogo, ovviamente) con gli ultimi fatti di cronaca, ossia con l’omicidio di Pamela Mastropietro a Macerata: “Pamela è stata barbarizzata, vilipesa da gente che senza diritto e senza motivo ha varcato l’uscio di casa nostra perché la porta era ed è spalancata. Senza regole. Senza alcuna sicurezza”. Infine, la “perla”: “Parlano di integrazione. Di comprensione. Di accoglienza. Ci prendono per il culo e noi li tolleriamo”.
E qui il “popolo di Facebook” si scatenava. In poche ore oltre 120mila reazioni e 75mila condivisioni: numeri che nemmeno il post pubblicato da un network internazionale riesce a raggiungere. Nonostante il post fosse ormai diventato virale, raccogliendo migliaia e migliaia di commenti, in gran parte di odio e intolleranza razziale, molti hanno nutrito dubbi sul racconto dell’utente di Facebook: “Possibile che la capotreno non abbia fatto scendere il ragazzo alla prima stazione utile, facendolo prelevare dalla Polfer che avrebbe poi provveduto a identificarlo e sanzionarlo?” era la domanda che rivolgevano coloro che sospettavano si trattasse dell’ennesima “fake news” pubblicata in buona o malafede.
Così la redazione di Giornalettismo, che spesso si distingue nello smascherare i “bufalari”, contattava l’ufficio stampa di Trenitalia che forniva la versione ufficiale di quanto accaduto. Versione che, guarda caso, non combaciava con quella postata dall’utente Fb. “Effettivamente, il ragazzo, alla presenza di diverse persone all’interno del vagone, non è stato in grado di comunicare in italiano con la capotreno e il suo inglese era piuttosto stentato. Inoltre, non era fornito di documento di identità e aveva effettivamente mostrato in un primo momento un biglietto per una tratta diversa”, hanno esordito da Trenitalia, precisando: “Tuttavia, la capotreno, essendosi accorta che la scena destava curiosità tra i passeggeri, ha portato il ragazzo fuori dal vagone per estendere il suo rapporto. In quel momento, si è resa conto che il passeggero aveva estratto il biglietto corretto e valido proprio per quella tratta: un ticket di tariffa standard per il Frecciarossa 9608. Semplicemente, aveva sbagliato posto. Chiarito il malinteso, il ragazzo è stato regolarmente accompagnato nella carrozza e nel posto corrispondente al suo biglietto”.
Dopo l’articolo-smentita l’utente di Fb cancellava il post, nel frattempo apparso (ma poi scomparso) anche su qualche pagina di chiaro orientamento fascista. Ma in tutta questa vicenda ciò che desta davvero scalpore non è tanto la bufala in sé – che può essere anche frutto di semplice sprovvedutezza e mania di protagonismo di qualche utente spinto da intolleranza razziale – ma la smisurata visibilità che una bufala può raggiungere in poche ore e influire sulla capacità (o incapacità) di analisi di decine di migliaia di utenti, innescando, soprattutto in un clima di campagna elettorale, un meccanismo di strumentalizzazione e fomentazione di rabbia e violenza.