Una serie di arresti per doping nei confronti dei dirigenti della Altopack Eppela, una delle maggiori squadre dilettanti del ciclismo italiano, sono stati effettuati da parte della Polizia. Tra i destinatari delle misure cautelari, il proprietario del team, l’ex direttore sportivo e un farmacista che riforniva i ciclisti dei farmaci vietati dalla normativa sul doping in assenza di prescrizione medica. A condurre l’indagine gli uomini della squadra mobile di Lucca e da quelli del Servizio centrale operativo.
Secondo il comunicato diffuso dell’ufficio stampa della Polizia, sarebbe stato proprio il proprietario del team a reclutare e incoraggiare i giovani atleti all’uso di micro-dosi di Epo, ormone della crescita e antidolorifici a base di oppiacei. Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani, genitori di Luca, proprietari dell’abitazione messa, stabilmente, a disposizione degli atleti, accoglievano i corridori immediatamente dopo le competizioni ciclistiche per la somministrazione in vena delle sostanze dopanti, vietata in ritiro per il timore dei controlli della Federazione; Elso Frediani, direttore sportivo dell’Altopack, conoscitore delle metodologie di somministrazione del doping, nel curare la preparazione atletica dei ciclisti, si preoccupava di assicurare loro le necessarie consulenze, anche mediche, per una corretta somministrazione delle sostanze proibite, tale da eludere i controlli in gara; Michele Viola, ex corridore e preparatore atletico dell’Altopack dopo l’allontanamento di Frediani, è colui che ha venduto a Franceschi l’Epo destinata ai ciclisti dell’Altopack ed elargito consigli su come assumere la sostanza per nascondere la positività ai controlli antidoping; Andrea Bianchi, farmacista e ciclista amatoriale, riforniva gli atleti di ormoni e altri farmaci, anche di natura oppiacea, coadiuvanti dell’Epo, da somministrare in vena, senza la necessaria prescrizione medica. Dovrà rispondere di favoreggiamento e patrocinio infedele, invece, un avvocato del foro di Lucca che, in assenza di mandato difensivo, essendo a conoscenza delle pratiche dopanti in uso alla squadra, ha fornito a Franceschi e Frediani indicazioni su come eludere le indagini.
L’indagine ha preso avvio dalla morte di Linas Rumsas, 21 anni, ciclista dilettante e figlio dell’ex ciclista professionista lituano Raimondas, scomparso il 2 maggio scorso. La Altopack era la squadra associata al Velo Club Coppi Lunata, quella per la quale correva il ragazzo. L’inchiesta, che già lo scorso settembre aveva portato a una serie di perquisizioni a casa del genitori di Rumsas e dei dirigenti, non riguarda però il decesso del giovane.
L’operazione di Lucca è l’ennesima conferma di quanto siano diffuse pratiche farmacologiche proibite nel mondo dello sport e del ciclismo in particolare. La relazione presentata in Parlamento nell’agosto scorso aveva messo in evidenza che su 806 atleti controllati nel 2016 22 erano risultati positivi, pari al 2,7 del totale. Questa percentuale sale però oltre il 6% se si considerano solo i tesserati di società ciclistiche. Secondo invece il rapporto del 2015 della Wada (l’organismo internazionale che controlla le frodi farmacologiche nello sport) con 127 atleti affiliati al Comitato olimpico l’Italia è il secondo paese al mondo per casi di doping alle spalle della Russia (176) e davanti all’India (117).
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