Camorra, aiuti e intestazioni fittizie a favore del latitante Lo Russo: 2 arresti

di Redazione

A conclusione di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, gli uomini della Dia hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura coercitiva, emessa dal gip del Tribunale partenopeo, nei confronti di Bruno Potenza, 56 anni, detenuto nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, e Maurizio Di Napoli, di 42, assegnato agli arresti domiciliari.

Potenza è ritenuto responsabile di favoreggiamento aggravato nei confronti di Antonio Lo Russo, ex esponente di vertice dell’omonimo clan ed oggi collaboratore di giustizia. In particolare, nell’ambito delle indagini svolte, supportate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia ma anche da attività tecniche, emergeva che Bruno Potenza, durante il periodo della latitanza di Lo Russo, durato dal maggio 2010 all’aprile 2014, riceveva da questi la somma di 500mila euro, consapevole che si trattasse di parte della cassa del clan, al fine di aiutare Lo Russo a “diversificare” i rischi di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria  tramite il ricorso a diverse modalità di custodia dei profitti economici delle attività delittuose cui la sua organizzazione era dedita da anni. Inoltre, Potenza e Di Napoli sono ritenuti responsabili di interposizione fittizia di beni, avendo il primo attribuito fittiziamente al secondo la titolarità della società cui è riconducibile l’attività di ristorazione – sala per ricevimenti denominata “Villa delle Ninfe”, con sede a Pozzuoli, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.

In particolare, nell’ambito delle indagini, supportate come detto da attività tecniche, oltre che da mirati accertamenti patrimoniali, emergeva che la gestione del ristorante, ad onta della formale conclusione di un contratto di fitto d’azienda con una società apparentemente “terza”, era sempre stata di Bruno Potenza, anche durante la detenzione di quest’ultimo il quale,  colpito da un ordine di esecuzione, emesso dalla Procura Generale, per un residuo di cinque anni e tre mesi di reclusione in esecuzione di sentenza di condanna, si era presentato al carcere di Santa Maria Capua Vetere dove, allo stato, risulta ristretto.

Non è la prima volta che i beni riferibili ai fratelli Potenza, famiglia della zona di Santa Lucia storicamente dedita al contrabbando di sigarette fino agli anni ‘90, poi stabilmente dedita all’usura nel cui ambito investiva gli stessi proventi così accumulati negli anni, sono stati oggetto di sequestro. Nel luglio 2017 si dava esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di beni mobili, immobili, tra i quali anche il ristorante “Villa delle Ninfe”, e disponibilità finanziarie emessa, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Napoli, nei confronti dei fratelli Potenza per un valore di circa 20 milioni di euro.

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