Si è appena conclusa l’operazione “Drago Nero”, condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Ancona e di Macerata, coordinata dal procuratore della Repubblica di Macerata, Giovanni Giorgio e da uno dei sostituti procuratori facenti parte del gruppo che si occupa di delitti in materia tributaria, che ha smantellato un’organizzazione criminale specializzata in frodi nel commercio di carburanti.
Alle prime ore dell’alba, le Fiamme Gialle, con l’impiego di oltre 60 militari, tratti da 12 Reparti dislocati in diverse regioni, hanno dato esecuzione ai provvedimenti restrittivi della libertà personale, con i quali sono stati posti agli arresti domiciliari sei dei venticinque indagati, residenti: due nelle Marche, uno in Puglia, uno in Campania e due coniugi domiciliati a Roma. Tutti operanti nella commercializzazione dei prodotti petroliferi.
L’inchiesta, partita nell’estate del 2015, ha portato all’esecuzione di decine di perquisizioni e conseguenti sequestri documentali nelle sedi societarie e presso le abitazioni delle persone a vario titolo coinvolte, sparse nelle regioni Marche, Lazio, Abruzzo, Campania Puglia e Lombardia. La complessa ramificazione societaria, costituita ad hoc per ostacolare l’accertamento della frode, con la compartecipazione di un elevato numero di persone (in totale sono 25 le persone iscritte dal pm nel registro degli indagati), aveva base decisionale a San Severino Marche, in provincia di Macerata. A capo dell’associazione per delinquere, un settempedano, di 50 anni, risultato il dominus assoluto, cioè colui che ha promosso e coordinato il sodalizio criminoso. Le indagini, hanno permesso di disvelare il sistema di frode utilizzato e di delineare compiutamente il quadro complessivo delle responsabilità di ciascun compartecipe al sodalizio criminale, risultato operante su gran parte del territorio nazionale.
Lo schema della gigantesca frode fiscale, una delle più ampie e articolate mai scoperte negli ultimi anni nel settore dei prodotti petroliferi, prevedeva, infatti, che il carburante effettuasse due “viaggi” differenti: un “viaggio fisico”, con cui il prodotto, partendo dall’estero a mezzo di autobotti, raggiungeva direttamente i depositi di stoccaggio ubicati a San Severino Marche (Macerata), Cava de’ Tirreni (Salerno), Capriva del Friuli (Gorizia), Fiumicino (Roma), Mirano (Venezia) e Monselice (Padova), per poi essere velocemente inviata presso i distributori stradali; un “viaggio cartolare”, molto più “tortuoso” di quello fisico, ma fiscalmente (indebitamente) vantaggioso. Il carburante, infatti, veniva cartolarmente ceduto, dapprima, a tre società “cartiere” formalmente ubicate in Bulgaria e nella Repubblica Ceca, ma gestite dai membri dell’organizzazione criminale, per poi essere fatturato a società “cartiere” italiane (complessivamente sette società italiane più una società svizzera avente domicilio fiscale in Italia), le quali non versavano l’imposta dovuta, pur incassandola dai clienti finali. Infine, il carburante veniva venduto a distributori stradali, alcuni dei quali collegati direttamente ai membri dell’organizzazione.
L’imponente frode fiscale ha interessato oltre 133 milioni di litri di carburante, proveniente essenzialmente dalla Slovenia. Il fine perseguito era quello di abbassare artificiosamente il prezzo finale del prodotto “alla pompa”, attraverso la creazione di società “irregolari” che sistematicamente omettevano gli obblighi dichiarativi e il versamento delle imposte all’Erario. Tale era l’illecito arricchimento, da poter permettere agli indagati un tenore di vita assolutamente sproporzionato ai redditi conseguiti. Dalle indagini, infatti, è emerso, tra l’altro, che una coppia, entrambi colpiti dall’Ordinanza, senza dichiarare redditi, ha: in affitto un immobile a uso abitativo nel pieno centro di Roma, per un canone annuo di 46.200 euro; prenotato e pagato due vacanze (Natale/Capodanno 2016/2017 ed estate 2017), versando, rispettivamente, le somme di 90mila euro e 79.150 euro; la disponibilità di auto di lusso, quali Mercedes Amg, Ferrari ed Porche.
A seguito di richiesta avanzata dal competente sostituto procuratore, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo, eseguito dai finanzieri, finalizzato alla confisca di beni, fino a concorrenza della somma di circa euro 22 milioni di euro e pari al profitto illecito conseguito in virtù dei reati contestati e costituiti da: 9 distributori stradali (attualmente in attività) gestiti da tre società su tre province (Ancona, Teramo e Pesaro-Urbino); 7 società utilizzate per la frode; quote di partecipazione al capitale sociale di 23 società e 3 ditte individuali; 21 immobili e 16 terreni ubicati in 5 province; 4 autoveicoli; 9 automezzi commerciali; 3 motocicli; una barca, oltre a disponibilità bancarie riconducibili agli indagati.
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