Su gran parte del territorio nazionale sono state eseguite decine di ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Tribunale di Catanzaro, volte a neutralizzare una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali, capace di far giungere in Italia tonnellate di marijuana dall’Albania.
L’operazione “Stammer 2 – Melina”, che rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dai militari della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) di Roma e coordinata dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto, Giovanni Bombardieri, e dal sostituto procuratore, Camillo Falvo, ha visto impiegati oltre 150 finanzieri, con l’ausilio di unità Antiterrorismo Pronto Impiego, di unità cinofile e della componente aeronavale del Corpo, per l’arresto di 25 soggetti (18 in carcere e 7 agli arresti domiciliari, indagati a vario titolo in traffico internazionale di stupefacenti) tra Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio, Toscana, Lombardia e Albania e l’esecuzione di numerose perquisizioni.
L’operazione nasce da uno stralcio della nota operazione “Stammer”, con cui sono state già colpite, nel mese di gennaio dello scorso anno, le ‘ndrine del vibonese solitamente impegnate nel business della cocaina, e costituisce un ampliamento delle indagini che hanno dimostrato come i trafficanti calabresi, fiutando la possibilità di ottenere a facili guadagni, investivano ingenti capitali in un imponente traffico di marijuana. L’attività odierna documenta proprio come le potenti ‘ndrine vibonesi sono entrate in affari con i narcos albanesi, partner di provata efficienza, che, ad oggi, si possono considerare i più importanti produttori di marijuana del continente, vantando basi logistiche praticamente in tutta Europa.
Le indagini hanno, di fatto, consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, basata su un accordo criminoso tra le ‘ndrine Fiarè di San Gregorio d’Ippona, Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto, Anello di Filadelfia e Franzè di Stefanaconi, tutte collegate alla più nota ed egemone cosca dei Mancuso di Limbadi. Tra gli elementi di spicco caduti nella rete della Guardia di Finanza compaiono tre capi cosca del calibro di Anello Rocco, 57 anni, indiscusso boss di Filadelfia, Francesco Fiarè, alias “il dottore”, 38 anni, di San Gregorio d’Ippona, e Giovanni Franzè, 56 anni, di Stefanaconi, oltre ad altri soggetti di rilevanza come Pasquale Pititto, 50 anni, di Mileto, Antonio Prostamo, 29, e Domenico Mancuso, 43, di Limbadi.
Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare con i potenti “Cartelli Albanesi” l’importazione, in poco meno di tre mesi, di circa cinque tonnellate di marijuana, in grado anche di saltare l’intermediazione delle compagini delinquenziali brindisine, storicamente “in affari” con i narcos di stanza nel Paese delle Aquile. Il sodalizio criminale calabrese, se in una prima fase sfruttava gli oramai collaudati rapporti, intessuti nel tempo, tra i trafficanti brindisini ed i produttori albanesi, una volta reperiti i contatti ed aver acquisito la fiducia dell’organizzazione albanese, riusciva, senza alcuna difficoltà, a scavalcare gli intermediari pugliesi per contrattare direttamente con i fornitori. Secondo gli illeciti progetti, una volta raggiunte le coste pugliesi, i carichi di marijuana sarebbero stati divisi in più partite, pronte per essere cedute sulle molteplici “piazze” dislocate su gran parte del territorio italiano.
L’inchiesta, diretta dalla Procura antimafia e e svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria – Gico-Goa di Catanzaro, con la fattiva collaborazione dello Scico di Roma e l’indispensabile supporto della Direzione centrale servizi antidroga (Dcsa), ha consentito di identificare tutti i 46 soggetti coinvolti, alcuni dei quali già ristretti per fattispecie contestate nell’ambito dell’operazione “Stammer”, ognuno dei quali ricopriva un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, dai traduttori ai corrieri, da coloro che avevano il compito di monitorare l’uscita delle vedette della Guardia di Finanza ai personaggi incaricati di curare l’arrivo degli emissari dei narcos albanesi più volte giunti in Italia, fino ai soggetti demandati per lo stoccaggio e la successiva rivendita della marijuana.
Grazie ad una serie di serrate attività che impegnavano, in perfetta sinergia, i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro e del Reparto operativo aeronavale di Bari, nell’arco temporale agosto-ottobre 2016 sono stati eseguiti, nel mar Adriatico al largo delle coste brindisine, cinque interventi repressivi che hanno permesso di sequestrare in mare oltre 2770 chili di marijuana, ai quali si sommano ulteriori 90 chili sequestrati al porto di Ancona, di ricondurre due ulteriori importazioni di droga, rispettivamente pari a 1178 e 386 chili, oggetto di sequestro da parte della Guardia di Finanza di Brindisi, destinate ai clan calabresi e infine, grazie ad una mirata attività a posteriori, di ricostruire un’ulteriore transazione pari a 400 chili di marijuana che, giunta proprio al sedimento portuale di Ancona, raggiungeva la piazza di Milano, dove il sodalizio calabrese vantava eccellenti ramificazioni per l’immissione in commercio del narcotico. Oltre alla sostanza stupefacente, venivano sottoposti a sequestro anche 2 potenti acquascooter, 4 velocissimi natanti ed un autoarticolato.
Le operazioni portavano contestualmente all’arresto in flagranza di 11 soggetti, grazie al contributo prestato dai Reparti della Guardia di Finanza su attivazione del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro. L’intera operazione ha, inoltre, permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni. La droga complessivamente sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato ai “grossisti” oltre 10 milioni di euro.
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