Ai vertici della ‘ndrangheta, Rocco Morabito è considerato il re della cocaina, un fiume di droga, affari e denaro dalla zona jonica di Reggio Calabria fino in Sudamerica. Dopo 23 anni di latitanza, cominciata nel 1994 a Milano, dove risultava ancora residente, lo scorso novembre era stato arrestato in Uruguay, a Punta del Este. Ora la svolta: i giudici hanno accolto la richiesta di estradizione della Procura generale di Reggio Calabria.
Quando lo hanno fermato in un hotel del centro di Montevideo con Morabito c’era anche la compagna Paula Maria De Olivera Correia, 54 anni, nata in Angola ma di passaporto portoghese. Lui aveva documenti brasiliani a nome Francisco Capeleto, residente a Punta del Este, e con quel passaporto era riuscito ad ottenere una carta d’identità uruguaiana. Viveva lì almeno da una decina d’anni, dicono gli inquirenti, e decisiva per arrivare a catturarlo è stata l’attività d’indagine dei segugi del comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, oltre alla collaborazione con l’ufficiale di collegamento in Uruguay.
Tamunga aveva una pistola, oltre a due auto, 13 cellulari, e una dozzina di carte di credito. Segno inequivocabile che non aveva mai interrotto la sua attività di booker della droga. Una risorsa fondamentale per le famiglie africote che – come tutto il resto della ‘ndrangheta – continuano ad ottenere almeno l’85% della loro ricchezza dal narcotraffico. Soprattutto a Milano, città nella quale la ‘ndrangheta continua ad avere un ferreo controllo del mercato della cocaina, seppure non in monopolio.
A differenza del protagonista di ‘C’era una volta in America’, Francisco Capeleto in tutti questi anni ‘a letto presto’ non deve esserci andato praticamente mai. Per due motivi: il primo è perché mai dal 1994, data nella quale s’è reso latitante, Capeleto alias il boss della droga Rocco Morabito, 51 anni, di Africo (Reggio Calabria), ha mai smesso di occuparsi della sua attività principale, ossia trafficare cocaina tra Sudamerica e Italia, attività molto redditizia ma altrettanto rischiosa soprattutto per chi è inserito nell’elenco del 30 latitanti di pericolosi. Il secondo è un motivo ben più ‘volubile’, perché questo narcos della ‘ndrangheta – imparentato con il boss Peppe Morabito, alias ‘u tiradrittu – ha in realtà poco a che vedere con la tradizione che vuole i latitanti calabresi nascosti negli ovili sulle montagne dell’Aspromonte.
Rocco Morabito, soprannominato ‘u Tamunga, scimmiottando il nome del vecchio fuoristrada militare tedesco Dkw Munga, è infatti un boss atipico. Anzitutto perché chi traffica droga, e lo fa per conto delle ‘famiglie’ stando direttamente in Sudamerica, di solito non è tenuto alla vita ‘monastica’ dei boss pecorai delle montagne. Ma in particolare perché Morabito è arrivato a Milano quando aveva meno di 25 anni e ha vissuto gli anni d’oro di Milano, tra locali e night. Dal Biffi di piazzale Baracca, fino ai lounge bar di piazza Diaz. Gli investigatori della squadra mobile di Milano e il pm Laura Barbaini che gli hanno dato la caccia nell’indagine Fortaleza per la quale ha rimediato la condanna a 30 anni di carcere per narcotraffico, lo raccontano come un uomo sempre elegante, nonostante quelle sopracciglia foltissime e il forte accento di Africo.
Per l’Anagrafe Rocco Morabito (nato il 13 ottobre 1966, figlio di Domenico Morbito e Carmela Modaffari) risulta ancora residente a Milano al 18 di via Bordighera. Anche se, di fatto, ha sempre abitato a Casarile, al confine con la provincia di Pavia. Ora la villetta a schiera di via Carlo Alberto Dalla Chiesa, 37 è confiscata ed è diventata la sede della biblioteca comunale. Così come è sotto sequestro la sua villa, costruita da pochi anni, nel paese natale di Africo.
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