David di Donatello, trionfa la Napoli di “Ammore e Malavita”

di Gaetano Bencivenga

Si è conclusa con una diretta Rai da Roma, condotta da Carlo Conti, la 62ma edizione dei David di Donatello, gli Oscar del cinema italiano, assegnati annualmente dall’Accademia presieduta, per la prima volta, dalla giornalista Piera Detassis. Una serata, indubbiamente, dominata dalle donne, che hanno aperto recitando monologhi provocatori all’insegna del dress code “total black” e dello slogan “me too”, e da Napoli.

Il capoluogo partenopeo è stato l’autentico protagonista della “notte delle stelle” tricolore, che lo ha declinato in tutte le sue migliori sfaccettature. A cominciare dai trionfatori, i romani Manetti Bros, innamorati della napoletanità espressa dalla satira musicale alla base del loro film “Ammore e Malavita”. Una sceneggiata, rivisitata con l’innegabile piglio dell’indipendenza, che ha portato a casa, oltre a quello per la miglior pellicola, il premio per la colonna sonora, la canzone, i costumi e l’attrice non protagonista Claudia Gerini, irresistibile nei panni di una coloratissima pupa del boss. Ma ha trovato il giusto spazio anche la Napoli creativa, della rivisitazione animata della “Gatta Cenerentola” di Basile, insignita di un doppio riconoscimento al produttore e agli effetti digitali alla cui creazione ha collaborato un folto gruppo di giovani di belle speranze tutti, giustamente, citati sul prestigioso palco.

E ancora, la Napoli borghese, contemporanea, essenziale di Gianni Amelio la cui “Tenerezza” ha regalato al protagonista Renato Carpentieri un meritato riconoscimento di miglior attore. E, infine, la “Napoli velata” di Ferzan Ozpetek, simbolica, evocativa, ancestrale, sensuale, che ha meritato i David per la fotografia e la scenografia. Al resto dell’Italia, se così si può simpaticamente dire, è rimasto lo spazio per le statuette di attrice protagonista, la commovente Jasmine Trinca, convincente “Fortunata” di Sergio Castellitto, di attore non protagonista, l’ottuagenario Giuliano Montaldo, glorioso cineasta, cimentatosi, part-time, nella recitazione per Francesco Bruni e la sua commedia amara “Tutto quello che vuoi”, di regista, l’italoamericano Jonas Carpignano, autore del dramma razziale “A Ciambra”.

Un capitolo a parte merita la promettente Susanna Nicchiarelli, il cui docufilm “Nico, 1988” ha sbancato nelle categorie dei David “tecnici” per la sceneggiatura originale, truccatore, acconciatore, suono. Miglior lungometraggio dell’Unione Europea, lo svedese “The Square” di Ruben Ostlund, mentre miglior film straniero, l’americano “Dunkirk” di Cristopher Nolan. Momenti di evidente commozione nella consegna dei premi speciali al genio della macchina da presa statunitense Steven Spielberg, accolto da una composta ma emozionata Monica Bellucci, all’attrice yankee Diane Keaton, sinceramente pazza per il Belpaese, e a Stefania Sandrelli, quasi in lacrime per la gioia di ricevere un tale suggello a una carriera cinquantennale, costellata da successi inattesi, incontri fondamentali e un raggiante futuro ancora da scrivere.

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