Antonio Esposito, presunto boss di camorra arrestato oggi nell’ambito di una inchiesta della Dda di Napoli contro la fazione di Maddaloni del clan Belforte (leggi qui), negli anni scorsi ottenne 110mila euro dallo Stato come risarcimento per ingiusta detenzione: l’uomo, dopo una condanna all’ergastolo in primo grado, era stato assolto con sentenza definitiva dall’accusa di avere ucciso un immigrato per futili motivi.
Dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia è poi emersa la sua responsabilità nel delitto, ma per questo Esposito non potrà più essere processato, in base al principio del “ne bis in idem”, ossia che non si può essere processati per un fatto per il quale un soggetto sia stato già prosciolto o condannato in via definitiva.
Ad Esposito, che è detenuto per un altro omicidio, il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere. Esposito, infatti, dopo essere stato scarcerato per il delitto dell’immigrato a Maddaloni fu arrestato nuovamente con l’accusa di avere ucciso il capo di una piazza di spaccio di Maddaloni che, durante la sua detenzione, aveva gestito autonomamente l’attività illecita, senza versare le percentuali al boss.
E’ stato nell’ambito di quest’ultima indagine, coordinata da procuratore aggiunto Luigi Frunzio e dal pm della Dda Luigi Landolfi, che è venuto alla sia il ruolo di primo piano rivestito da Esposito nel traffico di droga, sia le sue presunte responsabilità nel delitto dell’immigrato per il quale venne assolto.