Nell’ambito dell’operazione “Olympus”, i finanzieri del comando provinciale di Livorno hanno eseguito un’ordinanza, emessa dal gip Marco Sacquegna, di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di sette imprenditori livornesi, per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una complessa frode fiscale. L’autorità giudiziaria ha disposto, inoltre, su richiesta della locale Procura, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni per oltre 3 milioni di euro su conti correnti, immobili, denaro, automezzi e quote societarie nella disponibilità di 4 imprese (una ditta individuale e tre società) e di 4 degli indagati.
Gli illeciti ipotizzati a carico delle 40 persone fisiche coinvolte riguardano l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; nei confronti di 8 soggetti è, inoltre, ipotizzata l’associazione per delinquere. Le investigazioni, sviluppate sotto il costante coordinamento del sostituto procuratore Daniele Rosa, dai finanzieri del Primo Nucleo Operativo del Gruppo di Livorno, hanno consentito di individuare tre imprese “cartiere”, prive di una effettiva capacità patrimoniale, intestate a “prestanome” ed inottemperanti, di fatto, agli obblighi fiscali, le quali emettevano fatture relative ad operazioni in tutto o in parte inesistenti a favore delle imprese beneficiarie, operanti nel settore del trasporto internazionale di merci per conto terzi, consentendo a queste ultime l’illecita detrazione dell’Iva esposta in fattura ed una parziale indebita deduzione di costi.
Le attività investigative – sviluppatesi mediante intercettazioni di utenze telefoniche, indagini finanziarie e 20 perquisizioni locali (che interessavano le città di Livorno, Cecina, Piombino, Udine, Milano e Marsala) con relativo sequestro e analisi documentale – hanno permesso di individuare due società livornesi beneficiarie della frode, con un giro di falsi documenti contabili per oltre 40 milioni di euro, nonché di denunciare, quali attori degli illeciti, 40 persone fisiche. Le attività svolte dai militari del Primo Nucleo Operativo del Gruppo di Livorno hanno consentito di smantellare, in particolare, un’organizzazione finalizzata ad evadere l’Erario, riconducibile al dominus livornese P.B. (amministratore di fatto delle società beneficiarie del meccanismo di false fatturazioni), destinatario del provvedimento di custodia cautelare degli arresti domiciliari insieme a L.D.G., suo “braccio destro” (nonché legale rappresentante delle società beneficiarie della frode). Analoga misura anche per P.T. (rappresentante legale di una delle società di comodo, nonché amministratore di fatto di altre due società cartiere). Arresti domiciliari, poi, a carico di ulteriori 4 persone (S.S., R.C., P.L. e R.S.) che, quali dipendenti con ruoli di primo piano nella gestione dei rapporti con i clienti ed i fornitori delle imprese beneficiarie della frode fiscale, hanno garantito all’organizzazione il conseguimento degli illeciti profitti (curavano i contatti con le cartiere e fornivano loro puntuali indicazioni circa l’emissione del fatturato fittizio).
Le investigazioni, iniziate sul finire del 2016, hanno permesso di svelare un articolato sistema di frode all’Iva, attuato attraverso la seguente triangolazione: – le società beneficiarie della frode commissionavano a piccoli imprenditori (cosiddetto “padroncini”, aventi sede in varie regioni italiane, quali la Toscana, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna) l’esecuzione per loro conto di trasporti internazionali (non imponibili Iva ai sensi dell’articolo 9 del Dpr 633/72) di prodotti (principalmente manufatti in pelle, carta, carne e prodotti alimentari) destinati a Paesi esteri (Centro e Nord America, America del Sud, Africa settentrionale e centrale, Cina, ecc.) e consegnati per l’imbarco presso i porti di Livorno e Civitavecchia, dando disposizioni affinché le relative fatture (che non recavano Iva esposta) dovessero essere emesse a favore di tre imprese “cartiere” (una ditta individuale e due società di capitali), appositamente costituite per “filtrare” tali transazioni commerciali; le tre cartiere, ricevute le fatture dai padroncini, emettevano, a loro volta, per le stesse operazioni, nuove fatture (soggettivamente e in parte oggettivamente fittizie) a favore delle ditte beneficiarie della frode, indicando un imponibile gonfiato e l’addebito di Iva; l’Iva così indicata sulle fatture emesse dalle cartiere veniva detratta dalle società beneficiarie della frode ma non veniva versata all’Erario dalle “cartiere”, sistematicamente inadempienti agli obblighi fiscali; il meccanismo così architettato garantiva alle imprese di P.B. un elevato profitto, rappresentato da un fittizio credito Iva, che veniva usato per compensare i debiti tributari, oltre che la deduzione di costi gonfiati.
L’attività ha consentito anche di quantificare, per il momento, in oltre 3 milioni di euro il profitto illecito percepito dai membri del sodalizio: il Tribunale di Livorno ha, così, emesso un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del prezzo o profitto dei reati ascritti a ciascun indagato, fino a concorrenza di circa 3,1 milioni di euro. In sede di esecuzione dei provvedimenti cautelari, che hanno visto l’impiego di circa 30 militari del Corpo, anche con il contributo di finanzieri del Gruppo di Milano, sono stati sottoposti a sequestro 2 immobili, 9 autoveicoli, 2 autocarri, 5 motoveicoli, quote societarie e disponibilità liquide.