Tumore dell’ovaio, in Campania 500 nuovi casi annui: a Caserta esperti a confronto

di Redazione

Caserta – “Ogni anno in Italia sono diagnosticati 5000 nuovi casi di tumore dell’ovaio, di cui 500 solo in Campania. A 5 anni dalla scoperta della patologia, la sopravvivenza oscilla tra il 40-50%. I numeri sono preoccupanti perché, per 8 donne su 10, la diagnosi è tardiva, con una ricomparsa della malattia entro i primi due anni dalla fine delle cure in circa l’80% delle pazienti. La tempestività nel carcinoma ovarico fa la differenza”.

Sono i dati diffusi da Luigi Cobellis, direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia ed Ostetricia dell’Aorn ‘Sant’Anna e San Sebastiano’ di Caserta, durante i lavori del convegno ‘Il carcinoma dell’ovaio’, terminato ieri sera nella città della Reggia a cui sono intervenuti, tra gli altri, Fulvio Zullo e Giuseppe Bifulco della Federico II, Stefano Greggi e Matilde Pensabene del Pascale, Gianni Ianniello e Giacinto Turitto dell’Oncologia medica dell’Aorn di Caserta. Le conclusioni sono state di Erminia Bottiglieri, presidente Omceo Caserta, in una tavola rotonda arricchita dagli interventi di Antonello Puorto, numerosi medici di medicina generale e dalla rappresentante della neonata associazione pazienti.

“La diagnosi precoce è fondamentale, per questo abbiamo coinvolto i medici di medicina generale il cui ruolo è decisivo nella sensibilizzazione delle pazienti nel sottoporsi a controlli periodici. Quando insorge il carcinoma, i trattamenti vanno effettuati in centri di riferimento dove operano team multidisciplinari di specialisti, come accade a Caserta. – ha aggiunto – Il tumore dell’ovaio è un killer subdolo che si manifesta solo in fase avanzata attraverso perdita di appetito e problemi digestivi, gonfiore o dolore addominale, stitichezza, diarrea e dolore nella regione lombare. Anche per questo motivo, i casi di sopravvivenza registrati dopo 5 anni sono ancora relativamente bassi: oggi il 39% delle donne riesce a sconfiggerlo contro l’87% registrato nel tumore della mammella”.

Per Giovanni Scambia, presidente Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) nonché direttore della Ginecologia e Ginecologia oncologica del Gemelli, “oggi riusciamo a fare le stesse cose di prima in maniera meno invasiva. Il futuro è la personalizzazione dei trattamenti da un punto di vista oncologico, chirurgico e medico”. “Ogni provincia deve avere una sua organizzazione nell’ambito della ginecologia oncologica, bisogna ottimizzare i percorsi in modo tale che nei centri cosiddetti di terzo livello possano confluire i casi diagnosticati in periferia”, ha detto Nicola Colacurci, direttore dipartimento della donna e del bambino dell’Università Vanvitelli di Caserta.

“Il cancro ovarico è una battaglia che si può vincere con l’impegno di più specialisti. – ha sottolineato Michele Orditura, docente di oncologia medica della Vanvitelli – Confidiamo che anche la Campania, regione con enormi potenzialità, possa profondere il massimo sforzo contro questa malattia da cui si può guarire. Stiamo già lavorando ad una rete per agevolare l’accesso alle strutture dedicate a questa patologia e facendo informazione affinché la paziente sappia cosa deve e può fare, evitando il fenomeno dell’emigrazione verso altre regioni. In Campania possiamo offrire tutte le cure”.

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