Tutto come prima dalle parti del Pronto soccorso dell’ospedale “San Giuseppe Moscati” di Aversa. Le ambulanze di “Croce Aversana”, il giorno dopo il doppio arresto eseguito dalla squadra mobile di Caserta (leggi qui), sono ancora nei pressi del nosocomio normanno per prestare la propria opera a chi ne ha bisogno. L’azienda, infatti, non è stata toccata, almeno per il momento, dalle indagini della Dda napoletana e ieri mattina, quindi, l’operatività non è cambiata. Non si sa, però, se sono cambiate le modalità di “aggancio” di quanti hanno bisogno dell’ambulanza e se ci saranno ancora richieste ai limiti del lecito, come i 300 euro che sarebbero stati richiesti per il trasporto di un paziente dal nosocomio aversano alla propria abitazione di Gricignano.
“Si, ci sono anche oggi (ieri per chi legge, ndr). Le ambulanze di Croce Aversana, per quello che sappiamo, sono state utilizzate in questi anni – ha dichiarato un primario di uno dei reparti del Moscati – quasi esclusivamente per trasportare pazienti in fin di vita, che venivano dimessi solo per consentire loro di morire tra le pareti domestiche, in compagnia dei familiari. Per quanto riguarda il tariffario sappiamo quello che hanno riportato i giornali. Certo è che in quei casi particolari i parenti sono pronti a spendere qualsiasi cifra pur di dare l’ultimo conforto ai propri cari”. Attività che le ambulanze di “Croce Aversana” hanno svolto in regime di monopolio, tanto da far scoppiare un caso diplomatico tra i clan camorristici dell’Agro Aversano e di Giugliano, quando una ditta con sede nella cittadina napoletana aveva tentato di ampliare i propri affari anche presso il ‘Moscati’ di Aversa. L’intervento dei boss aveva riportato tutto alla normalità, disegnando una vera e propria mappa del controllo territoriale di questo tipo di servizio che punta soprattutto sul dolore e sui sentimenti delle persone in difficoltà. “Da quando c’è il nuovo pronto soccorso, da gennaio scorso, – ha detto un sanitario in servizio presso il reparto più bersagliato del nosocomio normanno – è scomparsa anche la squallida corsa ad attaccare adesivi pubblicitari del servizio ambulanza. Anche noi stiamo attenti a fare in modo che mura e suppellettili non vengano imbrattate”.
L’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha portato, nella mattinata di lunedì, all’arresto di Augusto Bianco, di Casal di Principe, del 1991, figlio del boss bidognettiano Cesare, e di Luigi Belfiore, aversano, del 1956, ritenuti responsabili dei delitti di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso, in quanto Belfiore, titolare della ditta di trasporti infermi “Croce Aversana”, facendo intendere alle ditte concorrenti di avere amicizie all’interno dell’ospedale di Aversa e, attraverso l’intercessione di Bianco, esponente di famiglia sodale al clan dei casalesi, avvalendosi della forza di intimidazione camorristica, riusciva ad esercitare la sua attività in regime di monopolio.
Il giorno dopo l’arresto di Belfiore c’è anche chi ricorda come nel 2012 quest’ultimo aveva anche tentato di sedere nel consiglio comunale di Aversa, non si sa se per amore della politica e per servire la collettività o per aumentare la sua sfera di influenza. Il titolare di “Croce Aversana”, infatti, aveva presentato la propria candidatura nella lista del movimento civico “Noi Aversani”. Quest’ultima lista trionfò al primo turno, non altrettanto fece Belfiore che raccolse all’epoca solo 83 voti di preferenza, scegliendo, poi, di abbandonare la politica.