Gricignano, tragico parto trigemellare: ascoltati i carabinieri che eseguirono indagini

di Antonio Taglialatela

Un’altra udienza del processo, quella tenutasi lunedì 21 maggio, che vede imputati 14 medici, di due diverse strutture ospedaliere (“San Giuliano” di Giugliano e la clinica “PinetaGrande” di Castel Volturno) per la morte della 29enne di Gricignano Francesca Oliva e dei due dei tre feti che portava in grembo, avvenuta il 24 maggio 2014. I familiari delle vittime, costituiti parte civile, sono rappresentati dagli avvocati Raffaele Costanzo e Francesco Lettieri; gli imputati difesi dagli avvocati Giuseppe Stellato, Claudio Sgambato e Giovanni Abbate. – continua sotto – 

Ascoltati davanti al giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Roberta Carotenuto, i carabinieri di Castel Volturno e di Giugliano che hanno svolto le indagini a seguito della denuncia dei familiari della donna, sporta dopo la morte avvenuta il 24 maggio 2014 alla clinica Pinetagrande. Inoltre, sono stati escussi Alessandro Puca, marito di Francesca, e la cognata Immacolata Tessitore, i quali hanno ripercorso le fasi del decorso clinico della giovane madre, dal giorno del primo ricovero per l’intervento di cerchiaggio avvenuto l’8 maggio 2014 fino alla notte del decesso, periodo durante il quale la donna non ha mai smesso di accusare dolori e febbre alta, sintomi di un’infezione in atto.

La prossima udienza è prevista per il 29 giugno prossimo per escutere altri tre testimoni: Gabriele Vallefuoco (medico della clinica PinetaGrande), Concetta Pagano (cognata di Francesca) e Annamaria Tessitore (zia di Francesca). Il 14 settembre, invece, saranno ascoltato il perito, professor Giuseppe Martinelli, e i consulenti delle parti.

Francesca Oliva morì per setticemia. Nel suo grembo c’erano tre gemelli. Solo uno, una femmina, sopravvisse. Era il 24 maggio del 2014 e Francesca, seguita durante la gravidanza dal ginecologo S.R., era stata ricoverata prima all’ospedale di Giugliano e poi alla clinica di Castel Volturno. Dopo le minacce di aborto, il suo medico, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77 per cento, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. – continua sotto – 

Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Nessuno, però, se ne accorse, nonostante l’ecografia eseguita, stando alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, dal medico S.A. E così Francesca venne trasferita d’urgenza, il 19 maggio, alla clinica “Pineta Grande”. Il 22 maggio la sua condizione di salute precipitò. La febbre altissima venne curata con antibiotici inidonei. Il 23 maggio si decise, infine, di operare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femmine, Giorgia, sopravvisse al parto, ma morì dopo 24 ore per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.

AGGIORNAMENTO: Il 25 ottobre 2021 il giudice ha assolto con formula piena tutti i 14 medici imputati, ritenendo quale unico responsabile, sulla base di una perizia medico-legale, un altro medico nel frattempo deceduto: leggi qui

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