Il tribunale di sorveglianza riabilita Berlusconi: ora può candidarsi di nuovo

di Redazione

Silvio Berlusconi potrà nuovamente candidarsi alle elezioni. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha infatti deciso per la riabilitazione del leader di Forza Italia, cancellando di fatto tutti gli effetti della condanna del 2013 nell’ambito del processo sui diritti Mediaset, inclusa l’impossibilità di correre in caso di elezioni per sei anni imposta dalla legge Severino. La sentenza potrà essere appellata dalla Procura di Milano, ma è già effettiva.

Come riporta il Corriere della Sera, e in questo momento si dovesse andare alle urne, Berlusconi avrebbe il diritto di presentarsi alla Camera o al Senato. La decisione, inizialmente attesa nel mese di giugno, è stata presa nel pomeriggio di venerdì in camera di consiglio.

I legali del numero uno di Forza Italia avevano depositato l’istanza presso il Tribunale il 12 marzo, quattro giorni dopo la scadenza dei tre anni dall’espiazione completa previsti dalla legge per presentare la domanda. Contro gli effetti negativi della legge Severino, gli avvocati di Berlusconi avevano anche fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sostenendo che la norma avesse prodotto un effetto retroattivo sulla posizione giuridica del loro assistito. La decisione è prevista in autunno.

La cosiddetta riabilitazione, che secondo il codice penale “estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna”, può essere ottenuta soltanto dopo aver “adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato” (nel caso di Berlusconi il risarcimento del danno) e dopo aver dato “prove effettive e costanti di buona condotta”.

Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha fatto sua la disposizione della Cassazione secondo cui la pendenza di ulteriori processi penali, che vedono attualmente coinvolto il presidente di Forza Italia, “non rappresenta un ostacolo alla concessione della riabilitazione”. In merito a tale decisione la Procura generale di Milano ha comunque il diritto di ricorrere in Cassazione.

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