Ad un anno dall’incendio della Eco X di Pomezia, che mandò in fumo 8.500 tonnellate di immondizia di incerta natura, l’allarme dei roghi negli impianti di trattamento dei rifiuti in Italia riparte da Casal di Principe. E’ nel comune del Casertano, ospitati in un bene confiscato alla camorra, Casa don Diana, che il Consorzio Polieco ha disegnato la mappa di un’emergenza nazionale che già conta numeri impressionanti. Da Nord a Sud, con circa 300 incendi negli ultimi 3 anni. Nei prossimi mesi, la situazione potrebbe diventare ancora più preoccupante.
Nel corso della conferenza stampa la direttrice del Polieco, Claudia Salvestrini, ha parlato di “una matrice sistemica”. “E’ da questa terra – dice Salvestrini – che è partito il grido di aiuto per non soccombere ai fuochi dell’inquinamento ambientale e da qui è necessario ripartire per aprire gli occhi su una Terra dei Fuochi che coinvolge il Veneto, la Lombardia, la Toscana e non solo. Purtroppo resta un vuoto nei controlli e, quando arrivano gli incendi e l’intervento della magistratura, è già troppo tardi. E’ necessario più rigore nel rilascio delle autorizzazioni e le stesse fideiussioni, che spesso si sono rivelate false, devono essere oggetto di maggiore attenzione”.
Una possibile chiave di lettura del fenomeno è da ricondursi, secondo quanto emerso dall’incontro, al paradosso di una raccolta differenziata sempre più orientata alla quantità piuttosto che alla qualità, con il risultato che più si raccoglie, più aumenta la possibilità dei roghi. Le diverse tipologie di materiali contemplati alla voce imballaggi rendono, infatti, sempre più difficile la selezione e l’avvio effettivo al riciclo e così di conseguenza i cumuli nelle piattaforme dei rifiuti aumentano a dismisura. “Il problema degli impianti in fiamme – ha aggiunto a tal proposito il presidente Polieco, Enrico Bobbio – è una piaga che si allarga in tutta Italia e che riguarda soprattutto quelle aree note per aver raggiunto risultati eccellenti nella gestione dei rifiuti”.
Per Gianfranco Amendola, già procuratore della Repubblica di Civitavecchia e docente di Diritto penale dell’ambiente all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, bisogna introdurre il reato di combustione dei rifiuti anche quando questi si trovano negli impianti di trattamento e non solo per i rifiuti depositati in maniera incontrollata. Così facendo, si introdurrebbe un deterrente importante per coloro che bruciano sapendo di non essere puniti. “E’ come se ci fossero in giro dei serial killer che stanno provocando effetti devastanti sulla salute”, sostiene Roberto Rossi, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Bari.
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